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Minjung Kim, «Mountain», 2022

Foto © Minjung Kim. Courtesy of the artist

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Minjung Kim, «Mountain», 2022

Foto © Minjung Kim. Courtesy of the artist

Minjung Kim e l’arte come percorso spirituale

Alla sua quarta mostra da Robilant+Voena, l’artista sudcoreana presenta un viaggio rituale attraverso 12 suggestive carte realizzate tutte nell’ultimo decennio

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

In una fotografia che la ritrae nel suo studio, l’artista sudcoreana Minjung Kim (Gwangju, 1962), sdraiata a terra, compone pazientemente i suoi lavori fatti di tre soli elementi: la tradizionale carta coreana Hanji, prodotta con la corteccia dell’albero di gelso, gli inchiostri neri e colorati e il fuoco di candele o di bastoncini d’incenso, da lei combinati in una sorta di rito: si tratta di quel «percorso verso uno stato spirituale», spiega lei stessa, che presiede a ogni suo lavoro, in un processo che vede il fuoco aggredire sì la carta Hanji (il momento in cui ciò accade, dice, «contiene in sé le migliaia di anni che occorrono per distruggere questa carta di gelso») ma per dare vita a forme poetiche ed evocative, ripetute e accostate più e più volte, fino a comporre dei pattern dall’effetto ipnotico e straniante.

Un viaggio rituale, il suo, dal caos all’ordine, dall’immobilità al movimento, dal vuoto alla densità delle forme di carta, che sovrappone in molteplici strati sul supporto ottenendo poetiche, rasserenanti composizioni sospese sulla soglia tra astrazione figurazione.

Dal 2 aprile al 30 maggio Robilant+Voena presenta nella sede milanese la personale «Ripetizioni»: 12 opere, tutte dell’ultimo decennio, fra le quali figurano le splendide carte trascoloranti delle «Mountains», quelle, non meno suggestive, della serie «Timeless» e quelle di «The Street», con la miriade di ombrelli che, visti dall’alto, diventano illusoriamente fiori, o stelle. Sono poi esposti alcuni lavori della serie «Phasing», attraversati da un’energia gestuale insospettabile in un’artista tanto meditativa. In realtà anch’essi (due esemplari di questo ciclo sono stati acquisiti di recente dalla Tate Modern di Londra) sono frutto di un silenzioso lavoro di stratificazione. Lo spiega lei stessa: «Nella serie “Phasing” ci sono sempre due strati di carta molto sottile applicati su uno strato più spesso. Il primo strato è pura calligrafia, veloce e istintiva, mentre il secondo prevede la mappatura accurata dei primi tratti con una matita. Questo secondo passaggio è l'opposto del primo: delicato, lento e meditativo. Successivamente brucio il bordo del disegno. Gli strati di carta vengono incollati insieme, dando vita a quello che sembra un errato facsimile, creando un'illusione di profondità spaziale».

Che la mostra (la sua quarta da Robilant+Voena) si apra a Milano non è casuale: dopo aver studiato sin dalla prima adolescenza le tecniche dell’acquerello e della calligrafia orientale in Corea, dalla fine degli anni ’80 Kim (che oggi vive tra la Francia e gli Stati Uniti) ha infatti frequentato i corsi dell’Accademia di Brera, diplomandosi nel 1991. E in Italia è poi rimasta per 35 anni, iniziando sin d’allora una carriera espositiva internazionale.

Minjung Kim, «The Street», 2024. Foto © Minjung Kim. Courtesy of the artist

Ada Masoero, 29 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

Minjung Kim e l’arte come percorso spirituale | Ada Masoero

Minjung Kim e l’arte come percorso spirituale | Ada Masoero