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«I critici dicevano ceramica. Io dicevo scultura»: Luca Massimo Barbero (Torino, 1963), curatore del catalogo ragionato delle sculture ceramiche di Lucio Fontana (che segue quello delle opere su carta, 2013) pone quest’asserzione dell’artista in esergo al saggio che apre il volume realizzato per la Fondazione Lucio Fontana con Silvia Ardemagni e Maria Villa, rispettivamente presidente e vicepresidente della Fondazione stessa. Sei anni di studi (ma a ben vedere gli anni sono oltre cinquanta, da quando Teresita Fontana, nel 1970, istituì l’Archivio, poi Fondazione, e ben presto affidò a Enrico Crispolti l’impegno della catalogazione dell’opera del maestro).
Duemila opere, 1.600 delle quali inedite, e una formidabile occasione per approfondire e ampliare la conoscenza di un ambito del lavoro dell’artista che, com’è provato dal numero degli inediti, in questo caso è davvero poco noto, oscurato com’è dalla potenza dei «buchi» e i «tagli» del secondo dopoguerra. Mentre Fontana ai lavori ceramici, da lui avviati negli estremi anni Venti e poi moltiplicati dagli anni Trenta, attribuiva un ruolo centrale.
Vederli riuniti per la prima volta con completezza e disposti in rigorose sequenze tematiche e cronologiche dà la misura della continuità della ricerca e della forza dirompente di queste opere, che dal 1936 vengono prodotte nella manifattura di Tullio Mazzotti ad Albisola (il futurista Tullio d’Albisola): una vera fucina di sperimentazione dove Fontana, con il grès e con la ceramica, crea dapprima figure mitologiche e primordiali e un magmatico bestiario marino, poi, nel dopoguerra, maschere, battaglie, sculture religiose, che nel modellato tormentato e tellurico anticipano i modi dell’informale. Suscitando dibattiti aspri, per i loro accenti barocchi, in un contesto culturale che al Barocco guardava con supercilioso sospetto.
Questo, per le sculture ceramiche figurative, create tra il 1929-30 e il 1964-65, che sono l’oggetto del primo tomo: e qui, fra le scoperte inattese, ci s’imbatte nei piatti barocchi «Vecchia Savona», realizzati con gli stampi degli antichi piatti delle fornaci locali, non dipinti però con i tradizionali motivi azzurri ma incrostati di grumi di materia fermentante, con scene a forte rilievo di battaglie e corride. Intanto, dal 1949, vedevano la luce le sculture ceramiche spazialiste, oggetto del secondo tomo, dai primi piatti spaziali alle magmatiche, tormentate «Nature» degli anni Sessanta. Queste ben più conosciute ma, non va dimenticato, rappresentative solo dell’ultimo tratto della vita creativa del maestro.
Lucio Fontana. Catalogo ragionato delle sculture ceramiche,
a cura di Luca Massimo Barbero, ita./ing., trad. di Oona Smyth e Gavin Williams per Scriptum, tomi I-II, 816 pp., ill. col. e b/n, Skira, Milano 2023, € 350

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