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Monica Trigona
Leggi i suoi articoliDal 16 al 22 maggio, la sede londinese della casa d’aste Phillips si trasforma in un crocevia visionario tra arte e tecnologia con la mostra «32 Pioneers of Digital Art. In collaborazione con HOFA Gallery e Hivemind Capital Partners, l’iniziativa segna una tappa fondamentale nella legittimazione museale dell’arte digitale, offrendo una lettura trasversale delle sue evoluzioni più recenti attraverso i vincitori e i finalisti della prima edizione dei Digital Art Awards. Organizzata secondo quattro direttrici tematiche – Still image, Moving Image, Experiential, Innovation – la mostra evidenzia la varietà di linguaggi, strumenti e intenti che caratterizzano l’arte digitale odierna. Più che una semplice celebrazione della novità tecnica, l’esposizione ambisce a delineare una genealogia della creatività digitale, individuandone le radici teoriche e le traiettorie future. Il capolavoro simbolico della sezione Experiential è «Winds of Yawanawá», esito della collaborazione tra Refik Anadol e la comunità indigena Yawanawá del Brasile. Qui, l’intelligenza artificiale non è fredda astrazione algoritmica, ma «strumento di ascolto» della foresta amazzonica, il cui battito vitale, filtrato attraverso dati ambiental, si traduce in forme visive che dialogano con le tradizioni spirituali e artistiche degli Yawanawá. È un’opera che riflette un nuovo umanesimo tecnologico, capace di fondere cosmologie ancestrali e codici computazionali, in un gesto di restituzione simbolica e politica.

Yawanawa & Refik Anadol, «Winds of Yawanawa», 2023. Courtesy the Artist & HOFA
Nella sezione Still life, Emily Xie e Kevin Abosh offrono due declinazioni esemplari del rapporto tra codice e composizione visiva. Le opere della Xie, ispirate ai motivi tessili e all’architettura, evocano una grammatica generativa che, pur radicata nell’algoritmo, non rinuncia alla qualità materica e sensibile della forma. Abosh, dal canto suo, esplora le nozioni di identità e valore, portando avanti una riflessione concettuale sul ruolo dell’opera d’arte nell’economia dell’attenzione e del dato. Con Immagine in movimento, si entra nel cuore pulsante della sperimentazione post-digitale. Il collettivo Six n Five, governato da una comunità globale, mette in discussione i concetti di autorialità e controllo, mentre i video di Niceaunties, generati da AI, evocano un immaginario intimista e lirico, in cui memoria e intelligenza artificiale si fondono in un flusso iconico di segni e affetti.
Non meno affascinanti sono le proposte della sezione Innovation, che esplora le soglie tra materia, luce e percezione. Damien Bénéteau, con le sue sculture luminose cinetiche, restituisce la bellezza ipnotica del rigore matematico, mentre il duo Cem Sonel & Ramazan Can reinventa i pattern della cultura anatolica attraverso sistemi generativi interattivi, attivando uno scambio dinamico tra memoria collettiva e artificio digitale. La mostra di Phillips non si limita a essere un evento espositivo: è una presa di posizione curatoriale. Celebrando le estetiche dell’algoritmo, i codici della generatività, le ibridazioni tra linguaggio naturale e macchina, infatti restituisce un’istantanea corale di un’arte che non è più futura, ma già pienamente presente. La sua forza non sta solo nei media impiegati, ma nella capacità di interrogare, con lucidità e profondità, le forme contemporanee dell’esperienza, dell’identità e della memoria. Con questa rassegna, Phillips e i suoi partner ribadiscono il ruolo delle istituzioni culturali nel ridefinire il campo dell’arte, non come zona esclusiva del visibile, ma come luogo in cui la complessità del nostro tempo, tecnologico, ecologico, sociale, trova forma, voce e visione.
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