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Particolare di una banconota della serie «Kunst=Kapital» (1979) di Joseph Beuys

© Cortesia di The Broad Collection

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Particolare di una banconota della serie «Kunst=Kapital» (1979) di Joseph Beuys

© Cortesia di The Broad Collection

Per Beuys e Warhol l’arte equivale al capitale

Alice nel paese delle meraviglie • Incursioni nelle gallerie di Giorgio Guglielmino diplomatico e collezionista di arte contemporanea

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Giorgio Guglielmino

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Joseph Beuys e Andy Warhol avevano visto giusto. Alla fine degli anni Settanta e nel decennio successivo crearono opere che facevano chiaro riferimento al progressivo slittamento dell’arte verso un bene di puro investimento finanziario al pari dell’oro o delle azioni da acquistare in borsa. 

Nel 1979 Beuys scrive su una serie di banconote «Kunst=Kapital», l’arte equivale al capitale e poco dopo, tra il 1981 e il 1982, Warhol crea i dipinti della serie «Dollar sign»

Più critico Beuys nei confronti del sistema, più accondiscendente Warhol verso l’idea di monetizzare al massimo la sua produzione artistica, ma il concetto è lo stesso. E a riprova della lungimiranza di Warhol, se qualcuno desidera acquistare la sua piccola tela che misura appena 24x18 cm, il prezzo si aggira sui 600mila dollari.

Dipinto dalla serie «Dollar sign» (1981-82) di Andy Warhol. © Foto: Giorgio Guglielmino

Giorgio Guglielmino, 28 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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Per Beuys e Warhol l’arte equivale al capitale | Giorgio Guglielmino

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