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Per Parigi Villa Medici non ha più senso

Critiche nel Parlamento francese alla storica Accademia di Francia

Luana De Micco

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Ha ancora senso ospitare gli artisti a Villa Medici a spese della République? È l'oggetto di un rapporto della Commissione Finanze del Senato francese che mette in discussione il cuore stesso dell’istituzione, la «missione Colbert», l’accoglienza di artisti e ricercatori. Secondo l’ecologista André Gattolin, autore del documento consegnato il 5 ottobre scorso, «le motivazioni che hanno portato alla creazione dell’istituzione sono obsolete. Dobbiamo chiederci, scrive, se è ancora utile accogliere gli artisti a Roma con fondi pubblici o se la villa non dovrebbe diventare un museo come un altro». 

L’Accademia di Francia a Roma è un’eredità della monarchia. Fu creata nel 1666 da Jean-Baptiste Colbert, ministro di Luigi XIV, e ha sede nella dimora sul Pincio dal 1803. Tanti grandi del passato sono stati pensionnaires. Solo tra i pittori e gli scultori, ci sono nomi come Fragonard, Jacques Louis David, Poussin, Carpeaux, Flandrin, Bouchardon, Hubert Robert, Ingres (che ne fu anche direttore, dal 1834 al 1841). Senza considerare le altre categorie: compositori, scrittori, architetti, e poi le più recenti, tra cui cineasti, fotografi, designer, restauratori, storici dell’arte...

Ancora oggi risiedervi è un privilegio ambito. Nel 2016 sono arrivate 601 candidature per 14 posti. Mantenere la villa costa 8 milioni di euro, di cui 6 di fondi pubblici. Ma non pare che questa cifra crei problemi allo Stato francese. Mentre precedenti rapporti avevano puntato il dito contro malfunzionamenti nella gestione, l’ultimo invece non ha rilevato «sperperi». I 2 milioni di «risorse proprie», giudicati «nella norma», provengono dall’affitto degli spazi e di camere di lusso e dalla biglietteria (37mila biglietti staccati nel 2015). La villa conta 46 dipendenti, perlopiù a contratto italiano, giardinieri o personale amministrativo: «Questi collaboratori formavano in passato vere e proprie dinastie. Ma la questione, si legge, è stata razionalizzata». 

Roma non è più il «centro» Il Centre Pompidou costa quasi 100 milioni di euro l’anno, ma nessuno si chiede se valga la pena spenderli oppure no. Che cosa si rimprovera allora a Villa Medici? Innanzi tutto, il luogo in cui si trova: «Roma, si legge nel rapporto, non è più l’epicentro della creazione artistica, e la copia dell’antico e l’incoraggiamento di un’arte nazionale non costituiscono più la priorità della politica culturale». Non è un segreto che, anche nelle «stanze del potere», c’è chi ritene che sarebbe più utile inviare gli artisti a New York, Pechino o Hong Kong, dove il clima artistico è più effervescente e il mercato più fiorente. Non è la prima volta che affermazioni di questo tipo rischiano di contestare secoli di storia della città eterna, ma fortunatamente molte voci autorevoli si alzano in sua difesa. «La Villa non potrebbe esistere altrove, affermava nel settembre del 2015 l’ex direttore, Eric de Chassey, mentre lasciava l’incarico all’attuale direttrice, Muriel Mayette-Holtz. A Roma si mescolano paesaggi dell’antichità, del Rinascimento, del periodo barocco e del XX secolo, più che in qualunque altro posto al mondo». 

«Pensare che Roma non apporti nulla agli artisti è il punto di vista di un uomo senza cultura. Che questa idea venga da un senatore testimonia quanto il mondo della politica sia distante dalla cultura», osserva Jean-Michel Othoniel, pensionnaire nel 1995-96, a cui si deve tra l’altro il «Kiosque des Noctambules», un’edicola di alluminio e ghirlande in vetro di Murano che riveste un ingresso del metrò, in place Colette, a Parigi. «Nei musei, nell’architettura della città, continua l’artista, si trovano le radici stesse della nostra storia dell’arte. I legami che Luigi XIV volle tessere tra Francia e Italia sono all’origine dell’arte francese. Negare queste basi è negare la nostra storia». 

Vacanza gratis per artisti? Il rapporto Gattolin segnala inoltre un’«anomalia»: i pensionnaires non hanno obblighi riguardo al loro lavoro. La difficoltà è di stabilire quali sono i loro «doveri». Eppure ricevono borse consistenti. Una volta tolto il contributo per l’alloggio, il loro compenso mensile si aggira sui 3.300 euro netti in media, a cui talvolta vanno aggiunte le indennità per il coniuge e i figli. Capita che i pensionnaires non portino a termine il progetto sulla base del quale sono stati selezionati o non ottengano i risultati annunciati. Alcuni di loro hanno dipinto il soggiorno romano come un anno di spensieratezza e poco lavoro. «Villa Medici: vacanze gratis per gli artisti?», si chiedeva il quotidiano popolare «Le Parisien» il mese scorso. Dal rapporto emerge un altro aspetto spinoso: «La reputazione della villa in certe discipline è deludente e il soggiorno romano non contribuisce al riconoscimento dell’artista sul mercato dell’arte». Nella lista dei pensionnaires, tra gli artisti contemporanei che hanno fatto carriera a livello internazionale, troviamo pochi nomi, tra cui Anne e Patrick Poirier, Ange Leccia, Ian Pei Ming. E lo stesso Othoniel, che osserva: «Anche se siamo pochi, ne vale la pena. Abbiamo uno strumento che funziona, con me ha funzionato, e può funzionare anche con altri». Dopo Roma, Othoniel ha esposto i suoi lavori alla Peggy Guggenheim di Venezia, che gli ha aperto le porte degli Stati Uniti. Nel 2015 è stato anche il primo artista a installare un’opera permanente nei giardini della reggia di Versailles «dai tempo di Luigi XVI». «È vero che Villa Medici è una gabbia dorata, afferma, e che questo può disorientare. Il rischio è di farsi sfuggire l’occasione della vita. Ecco perché dovrebbe essere offerta solo ad artisti che hanno già raggiunto una certa maturità. E parlo per esperienza personale». La prima volta che si era candidato, fresco di diploma, Othoniel era stato respinto: «All’epoca mi sentii offeso, ma ora posso dire che è stato un bene. Ritegno che la Francia debba accettare di attribuire meno borse, o di rifiutare degli artisti se il loro progetto non è maturo. Non si deve avere paura di rinunciare e si deve scegliere soltanto il meglio».

Rosenberg: «Assurdo ridurla solo a un museo» Allora: è la fine di Villa Medici? Secondo il rapporto Gattolin solo riformando si può «garantire la continuità» dell’istituzione. Propone di ripensare il sistema di calcolo delle borse e creare uno statuto specifico di «pensionnaire». Per dare visibilià internazionale, consiglia di istituire un nuovo Prix de Rome. Propone anche di accogliere artisti italiani, come si fa già alla Casa de Velázquez di Madrid. Rilancia l’idea di una Villa Medici nella banlieue di Parigi. Se non si fa nulla, si rischia di chiudere le porte agli artisti. 

Salvare Villa Medici era già stata la «missione» dell’ex ministro della Cultura Frédéric Mitterrand, che è stato alla testa dell’istituzione dal 2008 al 2009: «Uno dei motivi per cui avevo accettato di entrare al Governo era proprio per proteggere la villa, perché il ministro del Bilancio pensava di spegnerla a poco a poco. Villa Medici è utile e bisogna rimetterla sui giusti binari». «Questo luogo è più che mai attuale», ha osservato anche Eric De Chassey. 

Lo storico dell’arte Pierre Rosenberg, ex direttore del Louvre, che a Villa Medici curò la mostra su Poussin nel 1977, solleva un altro aspetto dello stesso problema: «Pensare di ridurre Villa Medici a museo è assurdo. È un luogo capitale per gli storici dell’arte. In quale altro luogo svolgere le loro ricerche?». Dalla riforma Malraux, del 1971, che tra l’altro soppresse il Prix de Rome, la Villa accoglie infatti anche storici dell’arte. Tra i pensionnaires del passato alcuni sono diventati direttori di grandi musei, come Henri Loyrette, Guy Cogeval, Christophe Leribault. Ma ora, secondo Rosenberg, «la professione è poco rappresentata. I candidati che propongono ottimi progetti ci sono, ma non vengono selezionati. Ben venga ogni riforma che vada in questo senso». Per Othoniel «chiudere la Villa sarebbe come cancellare una parte essenziale della storia dell’arte di Francia». Secondo lui si sbaglia a «puntare il dito contro gli artisti, accusati di essere ben pagati per non combinare nulla. Il vero problema è a monte». Come accade per altre grandi istituzioni culturali in Francia, dall’Opéra al Pompidou, anche i direttori dell’Accademia di Francia sono nominati dal presidente della Repubblica. Così come si parla regolarmente di «raccomandazioni» nella selezione dei progetti, si parla anche di «clientelismo» nella scelta dei direttori. Nomine anche recenti hanno sollevato enormi polemiche e neanche Muriel Mayette, che prima di prendere le redini di Villa Medici era alla testa della Comédie Française, è sfuggita alle polemiche. «Il sistema monarchico, ereditato dal passato, è stato valido fintanto che la Francia ha avuto dirigenti di valore, continua Othoniel. Ma ora è un’altra storia. Se non si ha un presidente della Repubblica d’élite, come si può pretendere di avere a Villa Medici un direttore d’élite? E un’istituzione come questa ha bisogno di grandi uomini e grandi donne di cultura».

Le altre Accademie di Roma

L’Accademia americana 
Dall’alto della sua sede in cima al Gianicolo, l’American Academy in Rome è una delle principali istituzioni americane all’estero per lo studio e la ricerca avanzata nelle arti e nelle discipline umanistiche. Nasce nel 1911 dalla confluenza di due istituti precedenti, con l’intento di offrire ad artisti e studiosi l’opportunità di trascorrere un periodo in una delle città più antiche e ricche di storia dell’arte al mondo. Tramite l’annuale Rome Prize sostiene con borse di studio fino a 30 tra artisti e studiosi, che si aggiungono ai residenti invitati direttamente dal direttore, ai vincitori di borse di studio promosse insieme ad altri istituti, agli ospiti e ai partecipanti dei programmi accademici estivi dedicati a studi classici, Archeologia, ceramica romana, Etruscologia e Archeologia dell’Italia antica ecc. La School of Fine Arts accoglie ogni anno i vincitori dei Rome Prize in Architettura, Arti visive, Design, Conservazione e restauro, Composizione musicale e Letteratura. C’è una biblioteca di oltre 150mila volumi, un archivio fotografico di più di 70mila immagini, si organizzano viaggi, conferenze, esposizioni, concerti. Dal 2005 ogni anno vengono assegnate anche fino a 6 borse di studio per gli italiani. 

L’Accademia britannica
Fondata nel 1901, riconosciuta con decreto reale nel 1912, la British School at Rome ancora oggi occupa il neoclassico padiglione inglese disegnato da Edwin Lutyens per l’Esposizione internazionale del 1911 e riadattato pochi anni dopo. Tra i più prestigiosi istituti esteri della capitale, è un vivace centro di studi per l’Archeologia, la Storia, l’Arte e l’Architettura contemporanee, con l’obiettivo di promuovere e favorire lo scambio tra i due Paesi. Per l’Archeologia in particolare si ricordano due grandi direttori, Thomas Ashby (1906-1925), noto studioso di topografia antica di Roma e del Lazio, e John Ward-Perkins (1945-1974). Molti artisti di successo del Novecento sono passati da qui, fino ai contemporanei Eddie Peake, Cornelia Parker, Mark Wallinger e Geoff Uglow. La British School organizza conferenze, pubblicazioni, mostre e concerti, esegue scavi archeologici, offre borse di studio, dispone di un’ottima biblioteca e di un archivio. Sostenuta dal Governo britannico gode di molte sponsorizzazioni, le più importanti delle quali sono del Packard Humanities Institute e di Lord e Lady Sainsbury del Preston Candover’s Linbury Trust. Artisti e studiosi sono ospitati per residenze dai 3 ai 12 mesi.

L’Accademia spagnola
L’Accademia Reale di Spagna, sulle pendici del Gianicolo, nasce nel 1873 e ingloba nella sua sede, l’antico Convento di San Pietro in Montorio, il celebre tempietto del Bramante, un gioiello del Rinascimento occasionalmente aperto anche a mostre d’arte, la scorsa primavera a Omar Galliani. Dopo la caduta del dittatore Francisco Franco, nel 1984 l’istituzione si è rinnovata con un nuovo regolamento, l’accorpamento della Scuola di Archeologia di Roma (poi di nuovo separata dal ’98), importanti ristrutturazioni della sede e altro. A partire dal 2001 ha aperto alle richieste di borse di studio dai Paesi dell’America Latina e dell’Unione europea, e ha ampliato le discipline a Fotografia, Videoarte, gastronomia, Arte e nuove tecnologie, design della moda, grafica, fumetti e mediazione artistica. Anche qui non mancano mostre e iniziative di ogni genere, ultimamente di maggiore vivacità nel campo delle arti figurative. Ma non mancano neanche le critiche, fin da oltre un secolo fa: «Quella Roma, scriveva Emilia Pardo Bazán nel 1905, è la rovina della poca spontaneità che già potevano avere i ragazzi. Lì si impara a imitare… Imitazioni. Lì non si respira più ambiente europeo dal XVIII secolo. Convenzionalismo, l’eterna ciociara…».

L’Accademia tedesca
L’Accademia Tedesca di Villa Massimo nasce per volere di un imprenditore e mecenate prussiano, Eduard Arnhold, che nei primi anni Dieci del secolo scorso comprò un terreno vicino via Nomentana, vi fece costruire una spaziosa villa e dieci moderni studi d’artista, ognuno con annessa abitazione, poi donò tutto allo Stato prussiano, insieme a un ingente capitale. Tra stop and go per via delle due guerre mondiali, già negli anni Venti c’erano dubbi sulla reale utilità di questa istituzione, dato che «le esperienze con i nostri borsisti di Roma non sono poi così favorevoli». Nel secondo dopoguerra gli atelier furono occupati da vari protagonisti della scena artistica italiana, tra cui Leoncillo, Mazzacurati, Guttuso, Emilio Greco e altri, tornando solo nel 1956 alla Repubblica Federale Tedesca. Nel 2003, dopo tre anni di importanti restauri, Villa Massimo è stata riaperta al pubblico, sotto la direzione dello storico dell’arte e gallerista Joachim Blüher. La nuova giuria dell’Accademia da allora assegna, con le borse di studio di Villa Massimo della durata di un anno, i premi per le Arti figurative, la Letteratura, la Musica e l’Architettura tra i più rinomati in Germania. Mostre tematiche, atelier aperti, confronti uno-a-uno tra i grandi nomi dell’arte tedesca e italiana contemporanea, oggi ne caratterizzano la vivace attività.

E le altre
Academia Belgica, Accademia di Danimarca, Accademia delle Belle Arti d’Egitto, Accademia Polacca delle Scienze, Accademia di Romania, Accademia d’Ungheria.
Federico Castelli Gattinara
 

Luana De Micco, 07 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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