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Il convento di Santa Caterina a Treviso

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Il convento di Santa Caterina a Treviso

Per la mostra di Goldin si stravolge il convento trecentesco

Nel trevigiano Civico Museo di Santa Caterina stanno per partire consistenti lavori di adeguamento funzionale e impiantistico per accogliere in autunno una rassegna (4 milioni di spesa) su «Treviso e il mondo»

Veronica Rodenigo

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Treviso. Soltanto poco più d’un mese fa Marco Goldin, seppur in preda a una «stanchezza atomica» (per usare le sue stesse parole), nel corso della preview stampa vicentina del 17 dicembre presentava il prodotto delle ultime fatiche curatoriali dichiarando candidamente: «io le mostre le faccio soprattutto per me stesso e poi le regalo agli altri».

Ora l’inarrestabile suo élan raggiunge nuovamente la Marca per fare ritorno in Treviso, là dove molti anni fa tutto era cominciato in virtù della forte alleanza (poi sciolta) con Fondazione Cassamarca e il suo patron Dino de Poli.
A voler portare nel capoluogo trevigiano il personalissimo esito delle fantasie goldiniane entro il prossimo autunno è lo stesso primo cittadino Giovanni Manildo fiancheggiato dall’assessore alle attività produttive Paolo Camolei e dalle associazioni di categoria cittadine.

Il contratto con la società di Goldin, Linea d’Ombra, non è stato ancora ufficialmente stipulato, ma pare che tutto sia pronto affinché l’accordo possa chiudersi entro una ventina di giorni. Costo complessivo della mostra: 4 milioni di cui il 60% a carico del curatore trevigiano; il resto coperto da sponsorizzazioni private (tra cui già figurano Segafredo Zanetti e Generali con un rispettivo investimento di 500mila e 250mila euro).

Poco importa che il valore artistico e culturale delle esposizioni in oggetto sia discutibile e che persino 30 docenti del Liceo classico vicentino «Antonio Pigafetta» abbiano fatto sapere, con una lettera aperta, che non accompagneranno i propri alunni alla mostra «Tutankhamon, Van Gogh, Caravaggio. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento» (sino al 2 giugno in Basilica Palladiana) denunciando «lo scarso valore scientifico e didattico di eventi come questo, rivelatisi enormi calderoni dove le opere esposte sono legate da un generico filo (il ritratto, il paesaggio, la notte)».

Poco importa che il titolo della futura proposta espositiva, Treviso e il mondo, tutto ancora da confermare, nulla prometta e chiarisca in merito al contenuto e che i proventi di bigliettazione e merchandising finiscano (come di consueto) a beneficio della società Linea d’Ombra: i commercianti del centro storico, svuotato anche a causa della delocalizzazione di alcune principali funzioni (come la Questura) nella cittadella Treviso 2, il grande complesso immobiliare costruito da Fondazione Cassamarca, accolgono con favore l’idea pregustando masse di avventori mordi e fuggi.

Se la questione comunque si limitasse a considerazioni solo relative al concept goldiniano e al suo proliferare, la vicenda risulterebbe meno allarmante. A destare invece seria preoccupazione è la scelta della sede espositiva: il Civico Museo di Santa Caterina, ex complesso conventuale di origine trecentesca comprendente due chiostri, l’omonima chiesa (con decorazione tre-quattrocentesche e gli affreschi strappati relativi alle Storie di Sant’Orsola di Tomaso da Modena) e una pregevole collezione di arte antica e moderna che spazia dall’archeologia a Bellini, Tiziano, Lotto, Bassano, Tiepolo, Longhi sino ad Arturo Martini. Ebbene, una delibera della giunta comunale datata 19 dicembre 2014 sancisce il via libera ai lavori di adeguamento funzionale e impiantistico per adattare le tre sale più ampie del museo (una al piano terra e due al primo piano) alle esigenze dell’evento temporaneo ossia ai requisiti dei «condition report» per poter ottenere i prestiti. Investimento previsto: 1,2 milioni di euro di cui 180mila già raccolti e provenienti da privati.

Per la parte restante il Comune conta sulle sponsorizzazioni facilitate dall’ArtBonus e da quanto potrebbe arrivare da fondi pubblici in virtù della partecipazione a un bando regionale relativo a fondi per l’adeguamento strutturale di opere di pregio architettonico. Il risultato: creazione di tre white cube con pareti in cartongesso avulsi dal contesto, smantellamento di parte dell’attuale collezione (non è ancora chiaro dove verranno sistemate le opere e con quali ripercussioni per la loro conservazione come nel caso dei teleri più ampi), chiusura del chiostro piccolo con vetrate (sic!) funzionale alla sosta del pubblico, perdita delle attuali aule didattica e conferenze trasformate in bookshop e guardaroba, creazione di una duplice biglietteria.

Il sindaco si giustifica trincerandosi dietro al fatto che l’intervento sarà in futuro finalizzato alla realizzazione di altre mostre temporanee ma in realtà ad oggi non esiste alcuna programmazione a lungo termine: i lavori (che dovrebbero partire entro metà febbraio) hanno tutto l’aspetto di una effimera (e assai costosa) manutenzione straordinaria finalizzata a rendere possibile la sola esposizione goldiniana, apparendo quantomeno scoordinati (se non addirittura contrastanti) rispetto alle reali necessità di adeguamento del museo.

Frattanto la polemica in città monta attraverso una raccolta di firme (oltre duecento tra docenti universitari, ricercatori, architetti, storici dell’arte tra cui Lionello Puppi), visite al museo aperte alla cittadinanza prima dell’avvio dei lavori e scontri in consiglio comunale tra chi, come l’esponente della maggioranza Pd Daniela Zanussi, si è fatta portavoce della schiera dei contrari al progetto.

Non resta che auspicare l'intervento delle Soprintendenze competenti sulle molte criticità del disegno (come l’ipotizzata chiusura del chiostro) prima che sia troppo tardi.

Il convento di Santa Caterina a Treviso

Marco Goldin

Veronica Rodenigo, 27 gennaio 2015 | © Riproduzione riservata

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