Virtus Zallot
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«Piccole storie dal Medioevo» è un ciclo di brevi saggi dedicati a temi di un Medioevo «minore» indagato attraverso fonti agiografiche, letterarie e iconografiche. Ne emerge un mondo in cui realtà e immaginario, sacro e profano, consueto e straordinario, dramma e leggerezza si integrano non senza ironia e con ingenuità solo apparente, a veicolare contenuti e insegnamenti mai superficiali: un Medioevo inaspettato e affascinante.
Leon Battista Alberti (1404-72) sconsigliava di porre i piccoli «nelle dure braccia de’ padri», temendo addirittura che ne distorcessero le ossa tenere, deformandone il corpicino. Nell’arte e nella letteratura medievale sono infatti quasi esclusivamente le donne a occuparsene, non solo trasportandoli in braccio ma abbracciandoli: per vezzeggiarli, consolarli e proteggerli.
Le diverse competenze delle braccia maschili e femminili trovavano fondamento nella maledizione divina che, dopo la cacciata dal paradiso terrestre, condannò Adamo a faticare per trarre il cibo dalla terra, Eva a partorire con dolore e (pur non espressamente citato in Genesi) ad accudire i figli. Per questo, nelle traduzioni iconografiche dell’episodio, Adamo zappa ed Eva si occupa di Caino e Abele, spesso recandoli in braccio e allattandoli ma senza sospendere (per non perdere tempo, come molte donne da sempre e ancora) la filatura.
Sono dunque eccezione le interpretazioni (entrambe di epoca romanica) di Wiligelmo sulla facciata della Cattedrale di Modena, dove entrambi i progenitori zappano la terra (e, per comprenderne le ragioni rinvio alla lettura di Chiara Frugoni), e di Bonanno Pisano sulla formella della porta bronzea del Duomo di Monreale, dove un premuroso Adamo abbraccia un fagottino fasciato, mentre Eva ne allatta il fratellino.
Solitamente, i padri ignorano invece i figlioletti: anche nelle evenienze drammatiche. Nelle «Stragi degli innocenti», per esempio, solo le madri si oppongono ai soldati di Erode e, abbracciando fortemente i loro bambini, li proteggono (invano) ma senza dimenticare di rassicurarli e consolarli con un gesto affettuoso: come nella versione (1482) di Matteo di Giovanni presso il Museo di Santa Maria della Scala a Siena, dove una donna in fuga quasi stritola il suo piccolo, ma reggendogli premurosamente la testolina.
Altrettanto nel «Finimondo» (1499-1502) di Luca Signorelli, nella Cappella di San Brizio entro il Duomo di Orvieto, dove gli uomini usano braccia e mani per ripararsi dalla pioggia di fuoco mentre le donne le riservano ai bambini, anche a scapito della propria salvezza.
Nei racconti scritti e illustrati dei miracoli che restituiscono la vita a bambini morti, sono ancora le madri a precipitarsi a riabbracciarli, mentre i piccoli ne reclamano l’abbraccio a braccine tese. Gli affreschi (1000 ca) nella chiesa inferiore di San Clemente a Roma raffigurano anche il momento successivo: la madre ha raccolto il suo bambino e i due si abbracciano teneramente.
La distinzione di genere è confermata nel racconto figurato di episodi meno clamorosi o drammatici: nella «Fuga in Egitto», per esempio, Giuseppe si occupa delle questioni logistiche e solo Maria reca in braccio il piccolo Gesù, stringendolo anche amorevolmente e accostandolo spesso al viso: così nell’Armadio degli Argenti (1451-53) di Beato Angelico, presso il Museo fiorentino di San Marco.
Nell’arte del Medioevo (e successiva) tale attitudine alla tenerezza riguarda anche le levatrici che, in molte «Natività di Gesù» e «Nascite» di santi, si occupano dei neonati. In una società di piccoli orfani (data l’elevata mortalità per parto), di bambini ricchi dati a balia e di bambini poveri abbandonati, molte donne sostituivano inoltre le madri, talora anche nei gesti affettuosi.
Nel Pellegrinaio dell’ex Spedale di Santa Maria della Scala a Siena, tra il 1441 e il 1442 Domenico di Bartolo illustrò i servizi che la struttura assistenziale garantiva ai gettatelli. Mentre il rettore consegna fisicamente e metaforicamente un nuovo entrato alle braccia di una balia, altri piccoli sono accuditi, allattati e lavati. Una donna abbraccia teneramente quello che le è stato affidato, che con altrettanta tenerezza le cinge il collo. Entro un mondo femminile di gesti funzionali ma amorevoli, solo il maestro (con tanto di bacchetta a correggere gli scolari) ha espressione distaccata e severa: la dolcezza verso i bambini è donna.
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Una rubrica di Virtus Zallot