Virtus Zallot
Leggi i suoi articoli«Piccole storie dal Medioevo» è un ciclo di brevi saggi dedicati a temi di un Medioevo «minore» indagato attraverso fonti agiografiche, letterarie e iconografiche. Ne emerge un mondo in cui realtà e immaginario, sacro e profano, consueto e straordinario, dramma e leggerezza si integrano non senza ironia e con ingenuità solo apparente, a veicolare contenuti e insegnamenti mai superficiali: un Medioevo inaspettato e affascinante.
I rasta sono «capelli attorcigliati su se stessi a ciuffi come a formare delle corde» (Treccani) che si creano evitando di tagliarli e pettinarli. Oggi i più famosi sono quelli di Bob Marley. Attraverso le immagini, nel Medioevo conoscevano quelli dei santi eremiti Maria Maddalena, Maria Egiziaca, Onofrio e Macario. Chi sosteneva di averlo incontrato (evenienza plausibile poiché abitava non solo nell’immaginario e nelle immagini ma anche ai margini delle comunità), li aveva visti scendere dalla testa dell’Uomo selvatico; altri li avranno osservati (affatto mitizzati e mitici) in coloro che, per motivi diversi, trascuravano igiene e pettine.
Anche le rigide ciocche rizzate sulla chioma dei più antichi Giovanni Battista sembrerebbero evocare i dreads, per quanto resi plateali dall’accentuazione espressiva e stilistica tipica dell’arte del primo Medioevo. Poiché il santo fu ucciso da giovane, non ebbero il tempo di ricadere; la lunghissima trascuratezza consentì invece agli eremiti morti di vecchiaia di vestirsene, risolvendo anche il problema iconografico della nudità.
La sintetica resa del romanico interpretò le loro chiome come cordoni inamidati che solo dal Trecento si ammorbidirono in filamenti sottili: quelli di Maria Maddalena e di Maria Egiziaca diventarono persino soffici e belli, in contrasto con la leggenda che richiedeva più dreads che boccoli. Significativo è il confronto tra la duecentesca «Maddalena eremita» di Maestro Bonamicus in San Prospero a Perugia, quella databile al 1280 della tavola alla Galleria dell’Accademia di Firenze e quella di Filippino Lippi (1496), sempre all’Accademia di Firenze. I capelli della prima sono sparute e solide fettucce; quelli della seconda un impenetrabile abito bruno con cappuccio decorato da linee ondulate; quelli della terza una cascata di capelli veri, certo spettinati ma rigogliosi e, di contro al corpo pallido e magrissimo, non privi di bellezza.
La stessa trasformazione iconografica verso la verosimiglianza, anche nella resa della chioma, interessò santa Maria Egiziaca e i santi Macario e Onofrio.
I lunghissimi capelli di Maria Egiziaca e di Onofrio, nella «Tebaide» di Buffalmacco al Camposanto di Pisa (1336-1341), sono arrotolati in grossi torciglioni. Nell’Oratorio di San Pellegrino a Bominaco, il duecentesco Onofrio ha intorno al viso una corona di capelli corti e irsuti mentre altri, sbucando inspiegabilmente dalle spalle, ricadono in lunghissimi dreads a velargli corpo e sesso. La veste di capelli è quasi da sartoria: ha l’orlo obliquo ma simmetrico e le singole ciocche scendono in serpentine parallele ed equidistanti. La trascuratezza è dunque sublimata in improbabile eleganza.
L’«Onofrio» nella tavola di Luca Signorelli (1484) presso il Museo del Capitolo della Cattedrale di Perugia è invece un vero vecchio segnato dai digiuni e dagli anni. Anche i suoi capelli sono veri: bianchi, sfibrati e radi non bastano più a coprirlo e, infatti, Signorelli interviene con una gonnellina di foglie. Il san Giovanni che lo sovrasta è altrettanto credibile, capelli compresi. Di contro a quelli con estroflessioni spinose citati in apertura, sembrano davvero arruffati: per i i ciuffetti che sfuggono disordinati dal perimetro scuro e per i corti dreads che si posano sulle spalle: uno così compatto e vero da proiettare l’ombra.
Piccole Storie dal Medioevo
di Virtus Zallot
1. Donne che allattano
2. Le gambe della regina di Saba
3. Madri distratte
4. Piedi di cui diffidare
5. Un marsupio per Maria
6. Messi in piega
7. Pidocchi
8. Rasta
9. Uomini e bionde
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