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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliGli artisti, affinché siano buoni artisti, hanno qualcosa in comune con le cipolle: devono crescere in un terreno «buono e favorevole anch’esso». Un paragone troppo terra terra? Non si direbbe. Con la musicalità e la ricchezza di immagini di una prosa inimitabile, citando Cocteau, lo scriveva Roberto Longhi (1890-1970) nel saggio Proposte per una critica d’arte che una nuova casa editrice di Pesaro, la Portatori d’acqua, ha appena pubblicato con un’introduzione scritta appositamente dal filosofo Giorgio Agamben. Rielaborando un discorso del 1949, il testo longhiano, di cui nel box qui sotto proponiamo alcuni passi, uscì nel 1950 sul primo numero della rivista da lui fondata, «Paragone». Nel 1985 il saggio fu incluso nel tredicesimo volume delle Opere complete edite da Sansoni e da lì questi «Portatori d’acqua» lo hanno estratto per un volumetto che si può leggere anche in treno o sull’autobus e permette di constatare come, oltre mezzo secolo fa, Longhi corrodeva dall’interno certi costumi oggi più che mai fiorenti: su tutti, il concetto del capolavoro unico, isolato e inarrivabile da adorare al di fuori di ogni contesto e contestualizzazione. «L’opera non sta mai da sola, è sempre un rapporto», altrimenti «non sarebbe neppure intesa come produzione umana», appuntava lo studioso esaltando il diritto-dovere a misurare l’arte con la storia, la cultura, l’economia, le stagioni artistiche… Ma c’è dell’altro e illumina su chi era l’uomo che folgorò Arcangeli e Pasolini. Stroncando scrittori «d’arte» come il seicentesco Bellori ed elogiando poeti come Baudelaire, Longhi rivendicava un tema a lui carissimo: l’esigenza di «trasporre» i testi figurativi con una ricchezza e un’aderenza linguistiche tali da rendere la buona critica d’arte un’attività letteraria poggiata su pilastri scientifici e, a scanso di equivoci, nient’affatto «estetizzante».
Proposte per una critica d’arte, di Roberto Longhi, prefazione di Giorgio Agamben, 52 pp., Portatori d’acqua, Pesaro 2014, € 9,00
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