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Prima Narciso poi pittore

Prima Narciso poi pittore

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

S’intitola «Salvo: il migliore» la mostra, a cura di Alberto Zanchetta, presentata fino al 23 gennaio dal Mac-Museo d’Arte Contemporanea, Livello 2

Di Salvo Mangione, scomparso il 12 settembre scorso a Torino (era nato a Leonforte, in Sicilia, nel 1947 ma dal 1956 si era trasferito a Torino con la famiglia), la mostra ripercorre il singolare cammino che lo ha condotto dai lavori concettuali dei primi anni Settanta a una pittura figurativa, accesa da colori vividi e cangianti.

Amico, a Torino, degli esponenti dell’Arte povera, poi vicino, negli Stati Uniti, agli artisti concettuali Joseph Kosuth e Robert Barry, Salvo crea in quegli anni le celebri «lapidi» (da una di esse, del 1970, su cui inscrive nei consueti caratteri capitali «Io sono il migliore», è tratto il titolo della mostra), spesso attraversate da un sentimento oscillante tra l’autoironico e il narcisistico, con le quali sembra voler decretare la morte dell’Arte concettuale.

«Letteratura epigrafica» le definiva, e con esse effettivamente «seppelliva» l’iconoclastia di quegli algidi anni, consolidando invece, fra i primi in assoluto, un nuovo e fecondo rapporto con il museo (già anticipato del resto dagli «Autoritratti benedicenti» del 1968-69). Si convertiva così alla pittura («ciò che sta tra imbiancare un muro e fare la Gioconda») e iniziava a popolare i suoi dipinti di chiese e minareti, moschee e cattedrali, ma anche di paesaggi dagli alberi giotteschi e di cavalieri tra rovine classiche, tutti dipinti con colori sontuosi, gemmati, che gli guadagnarono esposizioni e riconoscimenti internazionali: come scrive Zanchetta, sono «la logica prosecuzione delle “lapidi”, poiché sono luoghi della preghiera, della memoria e del silenzio».

 

Ada Masoero, 02 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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Prima Narciso poi pittore | Ada Masoero

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