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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliUdine. È stata presentata il 3 dicembre scorso, a Palazzo di Toppo Wassermann, la riedizione del De architectura vitruviano nella traduzione ottocentesca dell’abate Quirico Viviani (Soligo, 1780-Padova, 1835), allievo di Melchiorre Cesarotti.
Tra il 1825 e il 1830 la casa editrice udinese Fratelli Mattiuzzi dette alle stampe due edizioni del De architectura: una in latino (8 tomi di grande formato, frutto di settant’anni di ricerche di Giovanni Poleni e Simone Stratico), l’altra recante il titolo L’architettura di Vitruvio tradotta in italiano da Quirico Viviani illustrata con note critiche ed ampliata di aggiunte intorno ad ogni genere di costruzione antica e moderna. Undici volumetti in tutto dal formato 14x23 illustrati dalle incisioni di Vincenzo Tuzzi, allora docente di geometria descrittiva e proiettiva all’Università di Padova e destinati al nuovo ceto intellettuale più interessato al sapere delle professioni: quello dei costruttori, architetti e ingegneri.
La formula editoriale ebbe successo: venne esaurita rapidamente e tuttora è presente nelle principali biblioteche europee.
Oggi grazie al contributo di Fondazione Cassa di Risparmio Udine e Pordenone, Regione autonoma e Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia, la traduzione commentata del trattato vitruviano ad opera del Viviani rivive in un’anastatica (un cofanetto con gli 11 volumi cui si aggiunge un tomo di saggi critici) edito da Casamassima Libri (Tarcento, Udine).
«Quirico Viviani, sottolinea Antonio Corso, archeologo e studioso di Vitruvio, con la sua edizione, non solo diede una traduzione per quegli anni moderna del De architectura, ma la corredò di un commento che per ampiezza fu superato solo dalle recenti edizioni della Les Belles Lettres e dei Millenni Einaudi. La traduzione si distingue, rispetto ai volgarizzamenti precedenti, per un approccio conservativo al testo ed evidenzia i propositi di evitare un’interpretazione poetica per dare invece una versione piana e chiara, al punto da utilizzare qualche volta termini del vernacolo veneto. Anche da questo punto di vista la sua versione prelude alle traduzioni degli autori antichi con finalità scientifiche che si affermeranno a partire dalla seconda metà dell’Ottocento».

La copertina di una vecchia edizione del «De Architectura» di Vitruvio
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