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Carlo Carrà, «I nuotatori», 1932, collezione privata

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Carlo Carrà, «I nuotatori», 1932, collezione privata

Roberto Longhi, un artista in ogni porto

Ripubblicati da Einaudi, in forma antologica, i saggi ormai classici di un autore «studiato e poco letto»: 1.160 pagine imprescindibili per chiunque voglia avvicinarsi seriamente alla storia dell’arte

Stefano Causa

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A Roberto Longhi è spettato chiudere il 2024; e sarà Longhi a far carburare il 2025. Ma c’è una ragione per cui un cofanetto di oltre mille pagine sia il viatico per scavallare il primo quarto di secolo e tuffarsi nell’altro. La qualità e il peso dei testi di uno scrittore storico d’arte che ha scavato nelle vicende dell’arte in Italia restituendone un corpo anche geografico nuovo di sfrontata arbitrarietà.

Due copertine immettono alla classifica preferenziale dell’autore: quella dell’involucro stacca un dettaglio dall’«Annunciazione» del Louvre del quattrocentesco Braccesco. Quella del libro fuori guaina, un Morandi del 1919 che si veste da metafisico come l’amico Longhi avrebbe voluto fosse la metafisica: un gioco di carte che unisca Giotto spazioso al teorematico Piero della Francesca. Siamo dunque entrati nel ‘25. Nel nome di Longhi? Vediamo.

Pretesto del volume Einaudi: ripubblicare l’antologia di scritti dagli anni Trenta ai Sessanta curata da Gianfranco Contini per i «Meridiani» Mondadori. A distanza di mezzo secolo la migrazione dal meridiano al millennio comporta uno spostamento della tessera longhiana. Il lettore Mondadori affrontava la salita longhiana senza rampini. Nel Longhi Einaudi, a cura di Cristina Acidini e Maria Cistina Bandera, ciascuno dei quaranta saggi è prefato da un esperto dell’argomento (chissà che cosa ne sarebbe venuto fuori a sparigliare il mazzo mettendo sotto la lente dello studioso di Cimabue i testi su Caravaggio e viceversa).

Ora, affidare nelle mani di altrettanti specialisti i saggi di chi ha fatto dell’antispecialismo un abito mentale è già una scelta di campo. Significa predisporre un libretto di istruzioni, imponendo un diaframma tra noi e Longhi. Come se ogni saggio dovesse essere spiegato e storicizzato; quasi, si ha paura a dirlo, legittimato. Ma si capisce. Quando nel ’73 uscì il «Meridiano», Longhi era morto da tre anni e la scottatura longhiana era limitata ma vistosa. Interlocutori e sodali storsero il naso all’operazione di traghettare uno storico addetto ai soli documenti figurativi dalla parte degli scrittori puri. Se quasi nessuno degli italianisti colse l’occasione di rivedere lo scaffale del ‘900 inevitabile, tra Gadda e Manganelli, gli storici d’arte raddoppiarono lo sdegno per la mancanza dell’apparato iconografico. Un Longhi aniconico è un Longhi dimezzato, una medaglia senza una faccia bofonchiarono. A questo provvede, oggi, un tesoretto di cinquanta immagini a colori dai duecenteschi a Morandi.

Come tutte le antologie, anche questa che ritorna in pista ripropone gli stessi tagli motivati. Resta fuori la fase esplorativa del Longhi ventenne; quella dove si sente al massimo grado il rumore semantico del dettato. È il Longhi ritenuto faticoso mezzo secolo fa e che, per l’odierno simulacro di italiano scritto e parlato, necessiterebbe di annotazioni. Quest’importante, meritevole ripubblicazione fa capire a che distanza siderale da noi si trovi oggi il pianeta Longhi. Basti pensare al controluce autobiografico dal Braccesco del 1942, un saggio che per genialità e impudicizia verrebbe rifiutato da tutti i «referee»: l’allusione al «corso sempre divagante, sempre pronto a nuovi imbarchi (un artista ad ogni porto) delle nostre passioni di studiosi». Amatissimo e sconosciuto, detestato e frainteso.

Oggi, al pari di Gadda o Arbasino, Longhi è autore studiato e poco letto. Non gira più come un compagno segreto tra i libri che nascondeva Julien Sorel al principio del Rosso e il Nero. Soprattutto non è più un testimone da passarsi tra quanti, immoti marinai della disciplina, non abbiano barattato passione, immaginazione e curiosità in vista delle abilitazioni 

 

Roberto Longhi. Da Cimabue a Morandi, 
a cura di Cristina Acidini e Maria Cristina Bandera, 
1.160 pp., ill. col., Einaudi, Torino 2024, € 100

 

 

 

 

La copertina del volume Einaudi, con «Natura morta» (1919) di Giorgio Morandi

Stefano Causa, 23 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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