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Elena Correggia
Leggi i suoi articoliOcchi specchianti che scrutano e riflettono lo spettatore, sculture dalle forme primordiali protese verso il cielo, squarci su tele immacolate, rivoli di pittura scintillante che evocano immagini nascoste. Kandinsky non è in asta, ma lo spirituale nell’arte è un concetto che traduce bene uno dei leit motiv della vendita più importante di marzo per Sotheby’s, ovvero la Evening sale in programma a Londra il 4 marzo. Lo testimonia Yoshitomo Nara con uno dei lotti di punta, «Cosmic Eyes (in the milky lake)», il primo di una serie di ritratti molto riconoscibili in cui campeggia il volto di una giovane, un po’ fanciulla un po’ cartone animato, dagli occhi scintillanti ma irreali. Occhi come finestre che creano un ponte fra realtà e sogno, fra lo spettatore e il mondo interiore dell’artista. Mai passata prima in asta, l’opera è assistita da garanzia, ha una valutazione di 6-8 milioni di sterline e segna un momento significativo dell’evoluzione di Nara, che abbandona le figure ispirate ai manga per scegliere sembianze più umanizzate. La casualità con cui le spatolate di colori, prevalentemente freddi, sono stese sulla tela è illuminata da una patina di bianco luminoso, come neve brillante che si posa sulla superficie in «Heu», la grande opera di Gerhard Richter (200,3 x 140 cm) realizzata nel 1995 e proposta a 5-7 milioni. Si tratta di uno dei lavori della celebre serie «Abstrakte Bilder», realizzata all’apice della sua carriera, da 15 anni nella stessa collezione privata. Le ripetute stratificazioni di pittura sovrapponendosi rimandano a una continua ricerca che mentre vela rivela, in un gioco dialettico di contrapposizioni tese all’essenziale. Se il risultato confermasse anche solo le stime iniziali triplicherebbe già il suo ultimo passaggio in asta, avvenuto da Christie’s nel 2010 per 1,7 milioni di euro circa.
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Alberto Burri, «Bianco CN4» (1966), stima 400-600mila sterline. Cortesia di Sotheby’s
Dopo latte e neve, il bianco ritorna in versione alabastro, protagonista in un «Concetto spaziale, Attese» di Fontana del 1965 (3,2-5 milioni). Sei tagli netti, numero raro nella produzione del maestro spazialista, per un dipinto proveniente da una collezione privata americana ed esposto nell’importante monografica allestita al Met nel 2019, «Lucio Fontana: On the threshold». Un mondo interiore ed emotivo che esprime turbamento e distacco si trova invece in «Buste de femme» di Picasso, uno degli ultimi ritratti della compagna Françoise Gilot, pochi mesi prima che lasciasse l’artista catalano (4-6 milioni). Il romanticismo e le forme armoniose concepite in ritratti precedenti lasciano qui il passo a linee spigolose e a una tavolozza piuttosto monocromatica, rivelatrici della tensione e dell’allontanamento fra l’artista e la sua musa. Eseguito a Vallauris nel 1953, l’olio su tela è rimasto a lungo nella collezione di Riccardo Jucker e torna sul mercato dopo oltre 40anni. Paesaggi dell’anima possono poi essere interpretati anche due disegni: «Flyda and Arvid», il solo autoritratto di Lucian Freud in cui figura anche la sua prima moglie, Kitty Garman, (1,2-1,8 milioni) e lo scorcio tratteggiato da Van Gogh in «Jardin public à Arles», con uno dei suoi amati covoni di grano in primo piano (2-3 milioni). Dei 41 lotti in catalogo oltre un terzo (15) si colloca nella fascia del «middle market» da 1 a 5 milioni che «è un ottimo indicatore di un mercato in salute», dichiarano da Sotheby’s. «Le opere vendute in questa fascia di prezzo l'anno scorso hanno registrato performance superiori (come nel 2023), ottenendo il 150% rispetto alle stime più basse e attirando una crescente schiera di collezionisti sotto i 40 anni».
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Gerhard Richter, «Heu» (1995) di Gerhard Richter, stima 5-7 milioni di sterline. Cortesia di Sotheby’s
In questa fascia di prezzo rientra anche «L’Oiseau d’or», di Constantin Brancusi, un raro bronzo ideato nel 1919 e poi fuso nel 1981 da una copia del gesso originale secondo le indicazioni degli eredi, che furono assistenti di Brancusi soprattutto nei suoi ultimi anni di vita. La scultura, dalle forme ridotte all’astrazione, condensa anni di studio e riflessione dell’artista desideroso di fissare nella materia la pura «essenza del volo» (2,5-4 milioni). Nella stessa interessante sezione dedicata alla scultura si fanno notare altri due lavori, entrambi provenienti dalla collezione di Hans e Marion König. «Personnage demontable» di Jacques Lipchitz, del 1915, è una rarissima scultura cubista in legno, mai passata all’incanto e acquistata dai König nel 1996 ottenendola dal patrimonio dell’artista tramite la galleria Marlborough (500-700mila sterline), mentre «Tête d’étoile» di Jean Arp, in marmo del 1964, venne comprata nel 1990 alla galleria Beyeler e rappresenta l’ovale semplificato di un viso che poggia su un lungo collo proteso verso l’alto, una proiezione lirica fra terra e cielo (200-300mila). Da segnalare infine, all’interno della Day sale del 5 marzo, alcune opere di arte italiana del dopoguerra provenienti dalla collezione di Christian Levett. Il finanziere inglese, poi diventato appassionato ed eclettico collezionista, era salito agli onori delle cronache nel 2011 con l’apertura del suo museo Musée d’Art Classique a Mougins, che spaziava dall’antichità classica fino al contemporaneo. Un luogo che si è poi convertito a Female Artists of Mougins Museum, interamente dedicato a celebrare le donne nell’arte (per consentire questa trasformazione 400 opere erano state disperse con successo da Christie’s all’incanto fra 2023 e 2024). Ora ad andare in vendita sono 15 opere di maestri degli anni Cinquanta e Sessanta, da Lucio Fontana a Enrico Castellani, da Alberto Burri a Paolo Scheggi, accomunati dalla sfida alla bidimensionalità della tela e dalla volontà di superarla partendo da un’indagine fra materia, spazio e colore.
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Lucio Fontana, «Concetto spaziale, Attese» (1965), stima 3,2-5 milioni di sterline. Cortesia di Sotheby’s
La tecnica dell’estroflessione introdotta da Castellani per dare movimento e tridimensionalità alla tela è ben interpretata da «Superficie rossa» del 1963 (350-450mila). Di grande formato e dal colore rosso cremisi, cromia che amplifica la portata architettonica della tela, fu in origine donata da Castellani all’amico scultore giapponese Tomonori Toyofuku. La distruzione come atto non di annullamento bensì di processo creativo trova incarnazione in «Bianco CN4», un lavoro di Alberto Burri del corpus delle «Plastiche», datato 1966. In esso la trasformazione della superficie avviene attraverso il fuoco che modifica la materia: fusa, stratificata, rinnovata. Valutato 400-600mila sterline, «Bianco CN4» è stato scelto per la copertina della monografia di Alberto Burri scritta da Maurizio Calvesi. Di Lucio Fontana è invece presente un «Concetto Spaziale» del 1961 dalla serie «Olii» (400-600mila). Al rigore dei tagli qui si contrappone un più versatile gesto creativo: un taglio, un foro, segni come graffiti che ripercorrono lo spazio della tela e testimoniano un approccio più impulsivo, amplificato dalla monocromia rossa vivace, richiamo al sangue, di una ferita forse, ma anche sintomo di vita, di tensione, azione e superamento del finito.
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