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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliGenova. Per salvare dipinti, sculture, archivi tra le macerie del Centro Italia terremotato nel 2016 servivano rinforzi. Qualche centinaio di tecnici del Ministero dei Beni e Attività culturali e del Turismo si è mobilitata in risposta a un appello del dicastero a titolo volontario da soprintendenze di tutta Italia. Personale specializzato, in grado di intervenire e soprattutto di aiutare le soprintendenze coinvolte che boccheggiano perché il personale era e resta drammaticamente inferiore ai numeri necessari. A titolo indicativo, il Mibact conta che nel periodo di massimo impegno i tecnici all’opera erano circa 700, attestati sui 100-150 in media al mese a regime, e 103 i carabinieri del comando Tutela Patrimonio Culturale da altri territori. Con la fine di febbraio nelle zone colpite dal sisma finisce la fase definita di emergenza e dal 1° marzo scatta la fase della ricostruzione. È il momento di guardare in prospettiva. Ci prova, e vuole documentare quanto abbiano fatto i tecnici volontari del ministero, il seminario «Sisma e patrimonio culturale. Raccontare il terremoto tra passato, presente e futuro» organizzato a Genova dal Segretariato Regionale del Mibact per la Liguria in collaborazione con l’Università degli Studi genovese: è in calendario mercoledì 28 febbraio dalle 14 alle 18.30 nell’Aula Magna della Scuola di Scienze Umanistiche dell’ateneo in via Balbi 2.
Oltre a un intervento previsto di Carla Di Francesco, segretario generale del dicastero succeduta dal 1° ottobre 2017 ad Antonia Pasqua Recchia, il convegno proietta «Un racconto interrotto», video girato in presa diretta e con il cellulare da Gaspare Baggieri durante recuperi in chiese marchigiane. Proprio nelle Marche, la regione più ferita, si può stimare che siano andati oltre 250 volontari. Una di loro è Rossana Vitiello, storica dell’arte del Segretariato Regionale in Liguria: «Il seminario è nato per raccontare il lavoro svolto dal personale tecnico del Mibact andato a dare una mano nelle zone terremotate (in supporto alle Unità di Crisi delle regioni colpite dal sisma), rispondendo al ministero che aveva chiesto un sostegno attraverso alcuni interpelli a cui si poteva aderire come volontari». Tra macerie e opere d’arte da recuperare, molti tecnici si sono fiondati sui luoghi del disastro più volte. Come lavoravate? «In squadra, accordandoci per tornare insieme nei luoghi terremotati dove avevamo lavorato fianco a fianco. In più casi abbiamo proseguito raccontando la nostra esperienza in alcune università».
I recuperi dell’arte e della storia, con i vigili del fuoco e i carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale, hanno visto in prima fila storici dell’arte e architetti, oltre a restauratori, antropologi, archeologi, fotografi, archivisti. «Il Mibact ha dimostrato di avere a disposizione figure professionali fortemente motivate, particolarmente disponibili alla collaborazione con le altre forze messe in campo, ricorda Rossana Vitiello, capaci di provare grande entusiasmo quando si rendono conto di fare qualcosa di veramente utile sia per la propria crescita personale che per il bene della collettività». Un lavoro difficile, enorme e non certo compiuto. «Molto è stato fatto, risponde la storica dell’arte, ma i danni sono stati numerosissimi e credo ci sia ancora tanto da fare. Un problema ad esempio sono gli affreschi non ancora messi in sicurezza rimasti sulle pareti degli edifici fortemente danneggiati».
Già, peccato che la neve di questi giorni procurerà ulteriori e gravi ferite, alle pitture su parete di molte chiese proprio nelle Marche, per quanto la Regione abbia da poco varato un piano da 175 milioni per restaurare 391 chiese (cfr. «Il Giornale dell’Arte» di marzo ora in edicola, n. 384, p. 36). E adesso? «Adesso è il momento di organizzarsi e capire le priorità, perché tanto è andato perduto, ma tanto può ancora essere salvato». Le soprintendenze, come quella marchigiana, conta sulle dita della mano gli storici dell’arte. «Sarebbe auspicabile che il Ministero utilizzasse queste figure professionali (i funzionari volontari, Ndr) con il bagaglio di competenze acquisite e, attingendo suggerimenti anche dalla loro esperienza, creasse una azione di coordinamento e collaborazione con chi da tempo lavora sul territorio», suggerisce la storica dell’arte. Esatto. Perché chi è sul posto purtroppo non può bastare.
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