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Giuseppe Panza davanti all’opera di Joseph Kosuth «The Tenth Investigation, Proposition 4», 1974

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Giuseppe Panza davanti all’opera di Joseph Kosuth «The Tenth Investigation, Proposition 4», 1974

Tornano in una nuova edizione i «Ricordi» di Giuseppe Panza

Arricchito di oltre 100 tavole a colori, Jaca Book ripropone il racconto autobiografico del celebre collezionista di arte contemporanea

Valeria Tassinari

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«Io credo in Dio e in tutto quello che ne consegue. Per questa ragione sono fondamentalmente ottimista, anche se posso essere pessimista su tante cose, ma non sul destino ultimo, anche se la realtà che ognuno vive sembra smentirlo. Credo che questo sia il termine di confronto per capire l’arte, perché è il mezzo per capire l’uomo.» Una ricerca incessante dell’Umanesimo, una storia di collezionismo che ha accompagnato una vita intera, straordinaria come le opere raccolte per decenni, e come il racconto autobiografico che Giuseppe Panza ha voluto lasciarci, chiudendolo proprio con questa riflessione.

Edito per la prima volta nel 2006, il corposo volume che Jaca Book ha recentemente riproposto, in una nuova edizione con oltre 100 tavole a colori, è un viaggio nella storia personale del collezionista d’arte contemporanea di Varese che, fin dagli anni ’40, ha saputo porsi come uno dei più importanti interlocutori della ricerca artistica internazionale. Fu tra i primi a intuire l’importanza della cultura visiva statunitense nel secondo dopoguerra e precoce promotore in Europa di fenomeni come la Pop art, il Minimalismo, l’Arte ambientale e il Concettuale: nella sua autobiografia parte dal rapporto con gli artisti, e a questo torna sempre, in una narrazione in prima persona che vuole far capire con chiarezza convinzioni, idee, aspirazioni, passioni, intuizioni, esperienze.

Vita privata e visione del collezionista si intrecciano come vocazione, sfida, attenzione e, talvolta, provocazione. Nelle tre sezioni in cui si articola la storia (la formazione, gli anni tra il 1950 e il 1970 e la terza collezione) emergono intuito, capacità propositiva e relazionale, profondità di lettura e costante ricerca della bellezza, non solo delle opere, ma anche dei luoghi in cui esporle e ambientarle, dal Castello di Rivoli ai grandi musei come il MOCA di Los Angeles e il Guggenheim di Bilbao agli spazi storici, come la Villa museo di Biumo, a Varese, e tanti incontri con artisti, mecenati e intellettuali, frequentati negli studi e alle mostre, ricordati con una sensibile attenzione alla persona.

È un libro che, pur nell’irripetibilità di questa vicenda singolare, può insegnare molto. Per esempio che «l’arte del XX secolo è caratterizzata da un forte impegno ideale che si concreta in una ricerca diversa da un’ideologia politica».

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Valeria Tassinari, 18 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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