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Trump e Clinton litigano su tutto ma non sull’arte

Trump e Clinton litigano su tutto ma non sull’arte

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Redazione GdA

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Nel pieno di attacchi incrociati in vista delle elezioni presidenziali dell’8 novembre, ben poca attenzione è stata prestata alle conseguenze che la scelta tra Hillary Clinton e Donald Trump produrrà sul sistema dell’arte americano. Nessuno dei due candidati ha espresso una posizione ufficiale.

Il portavoce della Clinton si è limitato a ricordare alcune dichiarazioni del recente passato, tra cui una dell’ottobre 2015 in cui la candidata difendeva il finanziamento del National Endowment for the Arts, per il quale invece i repubblicani hanno annunciato l’annullamento dei fondi: «Credo che arte e cultura siano importanti di per se stesse, ma sono anche fondamentali per la crescita economica, per il turismo e per il coinvolgimento dei giovani», aveva detto la Clinton.

Una posizione in sintonia con la sua passata attività di segretario di Stato e di senatrice, quando votò, nel 2004, a favore di agevolazioni fiscali per gli artisti. Nel 2013 scrisse un articolo per «Vanity Fair» in cui elogiava il programma «Art in Embassies». Meno chiara è la posizione di Trump, che in passato ha avuto meno occasioni di esprimersi sul tema da un punto di vista politico. Sul fronte privato, nonostante la sua enorme ricchezza Trump non è un collezionista d’arte (nonostante nel 2006 abbia registrato il marchio «Trump Art Collection», mai però utilizzato) e non figura nel board di alcun museo americano. D’altra parte, negli Stati Uniti le arti dipendono molto più dal settore privato che da quello pubblico, da cui ad esempio i musei ricevono soltanto il 18% del loro budget.
 

Redazione GdA, 15 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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