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Come tutte le creature «divine», Maria Callas (New York, 1923-Parigi, 1977) non può essere racchiusa in una data: i miti non hanno età e nel suo caso la morte precoce non ha fatto che ingigantirne l’aura. Ma Milano, dove lei visse per alcuni anni e dove trionfò alla Scala (23 titoli per 26 spettacoli e sei inaugurazioni di stagione), non poteva lasciar passare sotto silenzio il centenario della sua nascita, che cade il 2 dicembre.
Quello sarà, a Milano, il «Callas Day», quando al Teatro alla Scala, alle 17.30 sarà presentato il documentario «MyCallas» di Roberto Dassoni, realizzato per l’anniversario, in cui emerge la sua dimensione più privata. Di fronte, le Gallerie d’Italia Milano apriranno gratuitamente la mostra «Maria Callas. Ritratti dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo», mentre alle 20.30 al Piccolo Teatro di Milano (Grassi) Concita De Gregorio, con altri, rileggerà l’amore impossibile tra Maria Callas e Pier Paolo Pasolini sul set di «Medea».
Gli omaggi di Milano alla Callas (Anna Maria Kalogeropoulos il vero nome) si aprono tuttavia prima di quella data: dal 9 novembre al 18 febbraio 2024 sono proprio le Gallerie d’Italia ad aprire i giochi, con la mostra di cui si diceva sopra, curata da Aldo Grasso, che esibisce 91 immagini dell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, molte inedite o mai esposte, scattate tra il 1954 e il 1970 al grande soprano nella sua quotidianità. Due soltanto, in apertura e in chiusura, la mostrano alla Scala: il primo dicembre 1954, quando è con Arturo Toscanini, Victor De Sabata e Antonino Votto dopo una prova della «Vestale», e il 7 dicembre 1970, alla Prima di quell’anno, quando tornò nel teatro da spettatrice, al fianco di Wally Toscanini.
Intanto, nella chiesa di San Gottardo in Corte (la «chiesa degli artisti», dietro a Palazzo Reale), la Veneranda Fabbrica del Duomo espone il piccolo dipinto settecentesco, forse di G.B. Cignaroli, che il futuro marito, Gian Battista Meneghini, le donò per il debutto all’Arena di Verona nel 1947. Lei non se ne sarebbe più separata e oggi quella «Sacra Famiglia» è oggetto della mostra «Maria Callas. La Voce e l’amuleto», curata da Annarita Briganti.
Culmine dei festeggiamenti è però «Fantasmagoria Callas» al Museo del Teatro alla Scala (dal 17 novembre al 30 aprile 2024), mostra curata da Francesco Stocchi e allestita da Margherita Palli (alla quale già si doveva l’omaggio, nella stessa sede nel 2017, cinquantenario della morte, di cui resta a testimonianza il libro Allemandi «Maria Callas in scena. Gli anni alla Scala»). Se allora si era voluto rivisitare la sua figura di ineguagliata protagonista delle scene teatrali, ora l’indagine verte sulla seduzione che la sua figura esercita da sempre sui creativi. Cinque le sale, ognuna affidata a un artista: a Giorgio Armani il compito di rappresentare la moda con un «abito-voce»; ad Alvin Curran la musica di oggi, con una rielaborazione di registrazioni storiche; a Francesco Vezzoli e Latifa Echakhch l’arte contemporanea; a Mario Martone il cinema, con un cortometraggio in cui Sonia Bergamasco rilegge la fascinazione esercitata da Callas sulla poetessa Ingeborg Bachmann. Tutti loro sono ripresi da Francesca Molteni, con Mattia Palma, in un documentario che testimonia il making of della mostra: Maria Callas figura infatti in mostra in due sole foto e nello sguardo dei cinque artisti di oggi.
Dal 24 novembre al 9 dicembre la Biblioteca Sormani presenta poi alcuni dei suoi vinili divenuti oggetto di culto, con registrazioni storiche alla Scala tra il 1951 e il 1958, e rende disponibili al prestito libri, cd e dvd di cui è protagonista, mentre il video «Callas, voce assoluta» ripercorrerà le tappe più importanti della sua carriera. A dicembre, infine, la biblioteca nel metrò di Porta Venezia presenterà libri e dvd scelti per far conoscere «la Divina» anche ai non specialisti.

«Milano, aprile 1958. Maria Callas indossa abiti della sartoria BIKI nella sua abitazione» di Angelo Novi – Publifoto
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