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Un’enclave di lusso nell’ultimo villaggio arabo

Israeliani e palestinesi contro un’autorizzazione governativa

Lauren Gelfond Feldinger

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Al termine di un’inchiesta ordinata da un tribunale israeliano, ha avuto il via libera un progetto israeliano di urbanizzazione nell’ultimo villaggio arabo del Paese, oggi disabitato. La trasformazione del villaggio in un quartiere ebraico di lusso era stata fortemente avversata sia dagli israeliani che dai palestinesi. Annidato in una valle all’ingresso di Gerusalemme, Lifta è l’unico villaggio arabo non occupato ancora in piedi dopo la guerra del 1947-48, che portò alla creazione dello Stato di Israele e alla fuga o all’esilio di una gran parte della popolazione araba, a cui non è mai stato concesso di fare ritorno. La legge sulla proprietà degli assenti promulgata da Israele nel 1950 stabiliva che le case e i terreni abbandonati dagli arabi diventassero una proprietà di Stato, e 400 tra villaggi e cittadine arabe furono distrutti o trasformati in comunità ebraiche. Lifta invece è rimasto sostanzialmente immutato dal 1948, con resti di edifici in pietra tra cactus, alberi da frutto, sorgenti e terrazzamenti un tempo coltivati.

Nel 2010, palestinesi e israeliani si sono uniti per salvare il sito dalla speculazione edilizia. La «Coalizione per salvare Lifta» ha presentato una petizione al tribunale di Gerusalemme che nel 2012 ha ordinato un’inchiesta, sospendendo temporaneamente il progetto della Israel Land Authority (Ila). Ma ora, mentre l’Autorità israeliana per le antichità (Iaa) si prepara a pubblicare il risultato dell’inchiesta, che sottolinea l’importanza di Lifta, l’Ila è libera di accettare offerte da appaltatori e costruttori. Il piano per Lifta, approvato da una commissione urbanistica regionale nel 2006, prevede la realizzazione di un quartiere ebraico di lusso, con più di 250 unità abitative, una sinagoga, negozi, caffè, un albergo e un parcheggio. Circolano voci che l’Ila potrebbe rivedere questo progetto alla luce dei risultati dell’inchiesta.

La relazione completa sarà pubblicata questo mese e confermerà che nel sito esistono elementi «molto rari», con strutture e manufatti che risalgono a epoca ellenistica e romana, e gallerie dell’Età del Ferro, come spiega Avi Mashiah, direttore del restauro all’Iaa. Lifta fu abitato dai primi arabi più di 500 anni fa, per poi trasformarsi nel più grande villaggio di Gerusalemme e punto di riferimento della regione per la produzione di olio d’oliva. Si tratta, come sottolinea Mashiah, di un centro unico nella regione.

Lo storico dell’architettura di Gerusalemme David Kroyanker descrive Lifta come «un sito molto importante, un museo delle strutture originarie dell’architettura vernacolare araba e dello stile originale con cui la gente nel periodo del Secondo Tempio, prima dell’esistenza di architetti e ingegneri, costruiva con le pietre locali». Ma Kroyanker non sa come si potrebbero finanziare gli alti costi per la sua conservazione senza lo sviluppo edilizio che solo ricchi investitori potrebbero sostenere.

I membri della «Coalizione per salvare Lifta» si dichiarano pronti a tornare in tribunale se necessario per salvare il sito.

Ershied, avvocato della coalizione, ricorda che la legge e i trattati internazionali vietano la vendita della proprietà dei rifugiati, quindi Lifta dev’essere tutelato finché non si risolveranno le questioni politiche.

Lauren Gelfond Feldinger, 06 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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