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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliVerona. Dopo il loro rientro da Kiev, il 21 dicembre scorso, le opere trafugate da Castelvecchio il 19 novembre 2015 sono rimaste esposte in museo per circa un mese, registrando 30mila presenze in più. Poi, ancora una volta, su questi 17 capolavori è calato il silenzio della stampa nazionale.
In realtà, dal 22 gennaio, 13 di essi sono attualmente oggetto di restauro, fatta eccezione per le quattro tavole della bottega di Jacopo Tintoretto («Trasporto dell’arca dell’alleanza», «Banchetto di Baltassar», «Sansone», «Giudizio di Salomone»). Queste ultime, dopo esser state portate a maggio a Parigi, presso il Palazzo dell’Unesco, in occasione della mostra dedicata ai beni recuperati dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, rimarranno a Palermo sino al 10 settembre in occasione di «Fidelis. Responsabilità Italia. Paese Arte Lavoro», allestita negli spazi della Caserma Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Le tavole e le tele restanti (a seguito della rapina private delle loro cornici e dei relativi telai) oggi si trovano suddivise tra singoli restauratori, il laboratorio di restauro del Civico Museo degli Affreschi G.B. Cavalcaselle e quello della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza. La copertura assicurativa ne ha risarcito i danni con un pagamento di 50mila euro. In previsione, tutte faranno ritorno nelle loro originarie collocazioni, a Castelvecchio, entro l’autunno.
Nel corso di un sopralluogo riservatoci appositamente, siamo andati a verificare lo stato di salute delle cinque opere sulle quali sta lavorando la Soprintendenza nel suo laboratorio scaligero: la tavola di Jacopo Bellini ritraente il «San Girolamo penitente», la «Sacra Famiglia con una santa» del Mantegna, i due ritratti di Francesco Caroto («Ritratto di giovane con disegno infantile» e «Ritratto di giovane monaco benedettino»), e la «Dama delle licnidi», di Peter Paul Rubens.
Ettore Napione, conservatore del Museo di Castelvecchio che ci accoglie insieme alla direttrice Margherita Bolla, spiega che a seguito della rapina tutte le tele sono state separate dai loro telai con l’uso d’un semplice taglierino. «La superficie pittorica non ha subito danni particolari in relazione all’accaduto, specifica. Tuttavia prima di riposizionare su telaio le opere che hanno subito questo trattamento occorre o rifare le fasce perimetrali o valutare se togliere delle tele che già erano di rifodero, come si è deciso di fare per il Mantegna. In questo caso il tipo di colla presente sulle due tele di rifodero (forse risalenti alla fine dell’Ottocento) creava una particolare rigidità che impediva di agire e di rimontare il tutto su telaio. Si è scelto quindi di liberare la Sacra Famiglia per poi rimontarla e tensionarla. Questa scelta ovviamente non è sempre necessaria. Non sarebbe stata possibile ad esempio sul de Jode».
«Abbiamo valutato caso per caso» proseguono i restauratori Chiara Scardellato e Guglielmo Stangherlin. «Qui, nello specifico caso di Rubens, abbiamo tolto solo una tela di rifodero. La "Dama delle licnidi", è stata ritrovata arrotolata attorno a un bastone a sezione quadrata: è una delle ragioni per cui si sono create molteplici venature. Abbiamo tentato di trattarle ma alla fine si è deciso di non togliere il velatino di cotone: è troppo fragile. È più proficuo quindi per ora mantenere questo stato di fatto». La tela verrà poi montata, pulita e le piccole lacune derivanti dal danneggiamento postfurto verranno integrate.
Anche per il «Ritratto di giovane monaco benedettino» del Caroto si è deciso di togliere un’unica tela di rifodero, continuano i restauratori. «In quest’ultimo caso poi abbiamo capito che si tratta in realtà di un trasporto da tavola a tela. L’altro ritratto del Caroto è in buone condizioni, non presentava grossi problemi».
Per quanto riguarda invece il «San Girolamo penitente» di Jacopo Bellini, si è provveduto registrare la parchettatura alla fiorentina (forse risalente agli anni Trenta –Quaranta) e a riportare la tavola al corretto stato di umidità relativa del 60%. «Per le tavole, specifica Chiara Scardellato, il mantenimento umidità costante non deve avere un gradiente inferiore al 45% di umidità relativa e non deve superare il 60%. Per questo provvederemo a dotare nuovamente le tavole di climabox: i rapinatori se ne erano sbarazzati per praticità».
Intanto a Castelvecchio fino al 27 agosto rimarrà esposta, in un’apposita sala, la «Madonna con il Bambino e san Giovannino» di Sebastiano Conca (1680-1764) proveniente dal Museo Piersanti di Matelica, nelle Marche. Danneggiata dal sisma del 2016, l’opera è stata restaurata grazie all’azione congiunta degli Amici dei Civici musei d’arte di Verona e degli Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani che hanno aderito all’invito dei Musei civici veronesi di aiutare il museo marchigiano. L’iniziativa rientra nella campagna lanciata dall’Icom (International Council of Museums) «adotta un museo» che convoglia offerte di solidarietà, da parte di soggetti pubblici o privati, destinate alle realtà museali colpite dal terremoto.
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In restauro: Francesco Caroto, Ritratto di giovane con disegno infantile e Ritratto di giovane monaco benedettino; Jacopo Bellini, San Girolamo penitente; Peter Paul Rubens, Dama delle licnidi
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