Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliStazione di Roma Termini, angolo via Marsala, da qui ha avuto inizio il mio viaggio verso il Castello di Santa Severa a ridosso del quale sorgevano il porto principale della città-stato etrusca di Cerveteri, la più aperta verso il Mediterraneo, e un santuario celebre nell’antichità. Le campagne di scavo nel santuario sono iniziate nel maggio del 1957, dopo l’affioramento di alcune terrecotte e blocchi in tufo a seguito di un’aratura profonda, e la loro conduzione sino a oggi si deve all’Università La Sapienza di Roma in collaborazione con la Soprintendenza competente. Protagonista nell’avvio delle ricerche fu Massimo Pallottino, uno dei maggiori etruscologi di sempre: una foto lo ritrae sorridente mentre osserva l’operaio che dà il colpo di piccone iniziale.
In macchina con Laura M. Michetti, che dal 2017 ha assunto la direzione dello scavo, parliamo a lungo delle scoperte sensazionali avvenute sinora. Mi limito a segnalare le lamine d’oro di Pyrgi, due con iscrizione in etrusco e una in fenicio, che ricordano la dedica di un luogo sacro (da identificare con quello che gli archeologi hanno denominato tempio B) alla divinità Uni-Astarte da parte di Thefarie Velianas, il «re» di Caere. Qualche giorno dopo il ritrovamento, Sabatino Moscati su «Il Messaggero» (21 luglio 1964) scriveva: «Questa è la storia di una delle più grandi scoperte archeologiche del nostro secolo. Ė una storia non passata, ma presente, viva, vicinissima».
L’altro ritrovamento eccezionale da segnalare è l’altorilievo in terracotta di grande formato, collocato originariamente nel frontone posteriore del tempio A, che raffigura due episodi della saga mitica dei Sette contro Tebe. Oggi, dopo un lungo e laborioso lavoro di restauro, si può osservare a Roma all’interno del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
Arrivati al Castello di Santa Severa, mentre ci avviamo verso l’area di scavo, osservando il mare bellissimo di fronte a noi, vengono alla memoria due episodi centrali nella storia della città-stato di Cerveteri: la vittoria conseguita dagli Etruschi nella battaglia navale del Mar Sardo combattuta attorno al 540 a.C. contro i Focei e in alleanza con i Cartaginesi per frenare l’espansione commerciale dei primi. E quindi il saccheggio del santuario di Pyrgi da parte di Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, giunto con una flotta numerosa, e da cui trasse un bottino favoloso (384 a.C.).
Il settore riportato alla luce dell’insediamento si articola su quattro aree: il santuario monumentale costituito dai resti dei templi A e B, già ricordati; il santuario meridionale, che si presentava in una forma meno monumentale, ma era ancora più aperto a culti cari a genti straniere; il complesso pubblico-cerimoniale; la zona dell’abitato etrusco su cui più tardi i Romani fondarono una «colonia maritima», dopo che Cerveteri aveva perduto la sua indipendenza politica.
Ritrovamenti casuali avvenuti di recente oltre il santuario meridionale potrebbero fare ipotizzare un’estensione ancora maggiore dell’insediamento. In proposito occorre tenere presente che la linea di costa nell’antichità era spostata in avanti e il mare copre una parte dell’insediamento antico.
Le indagini attualmente si stanno concentrando sul complesso pubblico-cerimoniale, nel cui ambito emerge ormai con chiarezza un’ampia struttura palaziale dotata di un cortile centrale. Al suo interno si svolgevano funzioni diverse comprese attività artigianali. Altri artigiani, tra i quali orafi, erano attivi in ambienti prossimi. Gli archeologi sono al lavoro anche su uno spazio ancora non indagato in prossimità del tempio A.
La prospettiva di ricerca portata avanti da Laura M. Michetti è comprendere sempre meglio il quadro unitario, che ogni anno si delinea con maggiore evidenza, tra il porto, il santuario e la città da cui dipendevano e a cui erano uniti da una strada larga oltre dieci metri e costruita con ogni cura.
Una notazione finale: lo scavo di Pyrgi deve moltissimo a un altro grande etruscologo Giovanni Colonna, che lo ha diretto dal 1981 al 2008, ma che ha iniziato a seguirlo sin dalle prime campagne come ispettore della Soprintendenza, appena nominato, e assistente di Massimo Pallottino («fungevo anche da unico fotografo sul campo, armato di Rolleiflex, Leica e cavalletto», ha ricordato). Alcuni giorni fa, ha voluto festeggiare il suo novantesimo compleanno proprio a Pyrgi, sullo scavo.
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