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Un vista dei tetti di Vienna

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Un vista dei tetti di Vienna

Vienna dice no all’iperturismo | 2. Origini dell’ascesa

Nella città più vivibile del pianeta i viennesi vogliono un radicale cambiamento: «No ai turisti, sì ai visitatori»

Flavia Foradini

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Così è nata e si è via via consolidata un’ascesa che, nonostante una flessione economica e politica verso gli anni Duemila, ha prodotto numeri nel complesso costantemente positivi, con musei, sale da concerto, teatri, ristoranti, imprese di intrattenimento e svago che fanno il pienone e turisti ovunque, quasi in ogni stagione, complice anche il cambiamento climatico, che a Vienna si sente in modo davvero rilevante.

Uno sviluppo, quello degli ultimi decenni, che ha portato grande benessere (a Vienna tutti hanno scoperto da tempo che di cultura si può mangiare alla grande e nove viennesi su dieci sono favorevoli al turismo in città) ma che ormai sta mostrando quanto i limiti di raggiunta capacità massima siano vicini. Quando 800mila persone invadono strade e piazze la notte di San Silvestro, quando il 2019 si chiude con 18 milioni di pernottamenti (un traguardo che l’Ente per il Turismo si era dato per il 2020, ma è stato raggiunto a metà 2019), l’inversione di tendenza nel favore della popolazione è dietro l’angolo.

Ed ecco dunque lo studio strategico che l’Ente per il turismo ha messo a punto, con un orizzonte fino al 2025, per evitare gli effetti negativi dell’iperturismo e prevenire una fatale irritazione degli autoctoni, mettendo in campo fra l’altro un monitoraggio dell’umore della popolazione e un «marketing verso l’interno, per spiegare l’importanza del turismo; ma soprattutto evitando luccicanti villaggi Potëmkin che non creano valore aggiunto per la città».

«Finora, recita il documento, ci siamo chiesti che cosa la città potesse fare per i suoi ospiti. Ora vogliamo ribaltare la domanda: cosa possono fare i nostri ospiti per la città? Chi viene da noi, chiede professionalità, servizi e prestazioni da cui però possono trarre vantaggio anche gli abitanti. È un dato di fatto che quasi nessun museo potrebbe sopravvivere senza ospiti internazionali. Con il loro sguardo da esterni, i turisti contribuiscono a evidenziare ciò che va migliorato. Quando tornano in patria, possono diventare i migliori ambasciatori per Vienna».

La soluzione sta tutta nella presa di coscienza che la città è un ecosistema e che il suo miglioramento è possibile solo con un procedere integrato: una cordata dei maggiori attori dei vari settori, per il benessere di tutti.

La parola d’ordine per il quinquenno 2020-25 è dunque «radicale cambiamento di prospettiva», con lo scopo dichiarato di guadagnare di più, e guadagnare tutti: un valore aggiunto che dagli attuali 4 dovrebbe salire a 6 miliardi. Per le entrate da pernottamenti, la città vuole una crescita da 900 milioni a 1,5 miliardi.

Traguardi stratosferici, ma, dice Norbert Kettner, direttore di Wien Tourismus: «È inutile porsi traguardi che puoi raggiungere facilmente». Come arrivarci lo stesso? Trasformando il turismo di massa. Il problema non sarebbe il numero dei turisti bensì «i soldi fatti velocemente a scapito degli spazi pubblici e degli abitanti: il turismo di massa non ha bisogno di marketing, ha bisogno di essere regolamentato. Ci sono cose che non puoi proibire, ma puoi fare a meno di favorirle. Non vogliamo un biglietto di ingresso in città, ma lo spazio pubblico è un bene prezioso che va tutelato».

Kettner pare avere le spalle coperte dall’attuale sindaco, Michael Ludwig, che programmaticamente afferma: «Non vogliamo essere una città puramente turistica, non vogliamo essere una Disney City».

Flavia Foradini, 22 febbraio 2020 | © Riproduzione riservata

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