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Marco Riccòmini
Leggi i suoi articoliNon c’è uno spazio vuoto alle pareti, riempite in ogni angolo da piatti in ceramica folcloristica, frammenti di tappeti, bronzetti poggiati su mensoline, fotografie dei propri dipinti, propri dipinti (non fotografati), disegni attaccati al muro con puntine da disegno e poi, in un angolo, una grande fotografia seppiata, incorniciata come fosse un dipinto, appesa contro un tappeto berbero.
Dapprima si confonde, perché sta sopra a una bassa libreria su cui siede una «Madonna col Bambino» in legno, dipinta e scrostata, una tazza in porcellana e un vaso bianco e blu. Ma quella fotografia ti guarda, ovunque tu volga lo sguardo. È l’immagine a grandezza naturale del «Ritratto del Papa Innocenzo X» dipinto da Diego Velázquez, vanto della Galleria Doria Pamphilj di Roma.
Girando per l’ampia stanza studio (tra la varietà di tele variopinte da Sorolla, con ragazzine al bagno, le vesti fradice della schiuma del mare, bambini nudi che ti guardano impudichi, angoli del giardino fioriti, facendo attenzione a non inciampare in mappamondi e «bargueños», o a urtare tavolini adorni di piatti a lustro ispano-moreschi) si ha come la sensazione che Sorolla quella fotografia la volle lì, per osservarla ed essere, per così dire, osservato.
Per avere, insomma, lo sguardo sempre vivo e severo (come quello del romano Giovanni Battista Pamphilj, nunzio in Spagna, prima di salire al soglio pontificio), del maestro per eccellenza; inarrivabile, certo, non sia mai, come fu Diego Rodríguez de Silva y Velázquez, anche se per estro nell’uso disinvolto del pennello pure il pittore «impressionista» valenzano seppe difendersi, e piuttosto bene.
Casa e studio del pittore Joaquín Sorolla y Bastida
(Valencia, 1863-Cercedilla, 1923)
Museo Sorolla, Paseo del General Martínez Campos 37, Madrid

Un interno del Museo Sorolla

Il Museo Sorolla a Madrid
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