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Redazione GdA
Leggi i suoi articoli«Garutti ci insegnava oltre a lavorare anche a confrontarci con artisti importanti e a vivere l’arte a tutto tondo, frequentare opening e artisti coevi in modo da non terminare mai il processo del confronto, inevitabilmente ci condizionavamo. Da qui l’idea di trasferirmi a Milano insieme ad alcuni compagni come Diego Perrone, Giuseppe Gabellone, Stefania Galegati, Sarah Ciracì e Deborah Ligorio, città dove le cose accadevano. In via Fiuggi trovammo il posto perfetto, un grande spazio dove abitare e lavorare, che ben presto diventò un punto di ritrovo della comunità artistica della città e non solo; era frequentato da galleristi come Massimo De Carlo, curatori come Giacinto di Pietrantonio o artisti come Maurizio Cattelan, Gabriel Orozco, Maurizio Mercuri, Ettore Favini, Marco Boggio Sella, eccetera» (Storie dell’Arte / Simone Berti, L’arte sopra ogni cosa 19 febbraio 2018 | di Maria Chiara Valacchi).
Simone Berti nasce ad Adria nel 1966 e vive tra Berlino e Milano. Esempio dei più concreti di artista dotato di un background culturale ed esistenziale vario e per nulla canonico. Da giovane frequenta l’istituto tecnico per geometri e terminato si trasferisce a Bologna per iscriversi al DAMS, istituto che frequenta solo per breve tempo. Torna nel suo paese di origine come tecnico per un’azienda di cartellonistica pubblicitaria, per poi intraprendere nuovamente la carriera d’artista, questa volta all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, sotto la guida di Alberto Garutti.
«È un lavoro, il mio, che prende le mosse dalla fede che nutro nei confronti dell’incertezza: la condizione dubitativa come strumento di conoscenza»: questo incipit racchiude il senso nomade del lavoro di Simone Berti, la profonda precarietà che ha contraddistinto la sua carriera artistica, sperimentando nuove forme d’equilibrio e di bilanciamento.
Un costruttore d’utopie, nelle sue opere tutto parla d’incompletezza: gli arti (sia umani sia animali) hanno bisogno di essere sostenuti e puntellati, i corpi stanno insieme grazie a giunture e protesi, le macchine funzionano spesso a vuoto e soltanto grazie a sistemi di assemblaggio che appaiono complessi, rudimentali e pericolanti.
È tutto in bilico, in un continuo senso di spaesamento, tra forme, architetture in divenire, oggetti che appaiono non-finiti, ma comunque utilizzabili, come fossero abusi edilizi rattoppati, ma anche forme totemiche che sembrano richiamare la monumentalità classica. A proposito della sua mostra presso lo «Studio Geddes – Franchetti» di Roma nel 2015, lo tesso Simone Berti dice «da sempre mi gira in testa la frase, “Avere delle cose in testa” mobili o architetture; è sempre stata una mia ossessione.
Nel tempo mi sono accorto di fotografare me stesso, con «cose» in testa, magari riprendendomi con delle architetture che si sviluppano dai miei capelli o che si fondono con il paesaggio. Unisco la mia testa a dei palazzi o a parti di paesaggio. In merito alle opere in mostra, le penso come una sorta di omaggi a mostri sacri come Gio Ponti, Cacciadominioni ecc. In qualche modo me li infilo in testa.
Nelle opere con ritratti fiamminghi, le costruzione che ho dipinto sono delle vere e proprie architetture di fantasia, che sembrano fatte di carta, di stoffa.. delle costruzioni impossibili che stanno tra la realtà e l’immaginazione.». Questo sembra il nucleo del suo lavoro creare l’architettura del suo pensiero. In questo senso, possiamo dire, l’unica opera di Simone Berti è l’intera opera di Simone Berti.
La carriera dell’artista è costellata di mostre collettive e personali internazionali, come la Whitechapel di Londra, l’ Hara Museum of Contemporary Art di Tokyo, la Fondazione Trussardi di Milano, Palazzo Grassi a Venezia nel 2008, la Gamec di Bergamo nel 2009, il Man di Nuoro nel 2013, la Fondazione Bevilacqua la Masa a Venezia e personali presso la galleria Massimo De Carlo e la Galleria Vistamare di Benedetta Spalletti con cui collabora dal 2008 nonché quella al MACRO di Roma del 2017.
Simone Berti, Adria, 1966
· Galleria Vistamare (Pescara)
CONTINENTE ITALIA
Una mappa dell'arte italiana nel 2021

Simone Berti
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