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«Daydream» (1997) di Liu Ye, Hong Kong, collezione privata

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«Daydream» (1997) di Liu Ye, Hong Kong, collezione privata

Da Prada Liu Ye, antiche porcellane e un dono di Godard

Il celebre regista ha trasferito una ricostruzione del suo atelier e della sala di registrazione e montaggio come installazione permanente

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Milano. È un mondo silenzioso ed enigmatico quello in cui vive la pittura di Liu Ye, sospeso tra realtà e sogno, fra tradizione e contemporaneità, tra l’Oriente, dove l’artista è nato (a Pechino, nel 1964) e ha ricevuto la prima formazione, e dove dalla fine degli anni Novanta ha voluto tornare a vivere, e l’Occidente, dove ha vissuto e studiato per qualche tempo. In arrivo da Prada Rong Zhai a Shanghai, la mostra «Storytelling», a cura di Udo Kittelmann, presentata nella Fondazione Prada dal 30 gennaio al 27 settembre, ne esplora il lavoro attraverso 35 dipinti realizzati tra il 1992 e oggi.

Lo «storytelling» che ne scaturisce, fa pensare alle atmosfere stupefatte del nostro «Realismo magico». E l’asciuttezza con cui l’artista dipinge i suoi soggetti, esseri viventi od oggetti inanimati che siano, pone il suo linguaggio sul crinale tra realismo e astrazione: come afferma lui stesso, «sebbene non sia mai diventato un artista astratto, ciò che m’interessa è rendere essenziale il carattere narrativo e tendere alla semplificazione».

Oriente e Occidente sono protagonisti anche della mostra «The Porcelain Room-Chinese Export Porcelain», curata da Jorge Welsh e Luísa Vinhais. Allestita (nelle stesse date) al quarto piano della Torre, attraverso 1700 porcellane realizzate in Cina per il mercato occidentale tra il XVI e il XIX secolo, la mostra narra da un lato i rapporti di scambio che s’instaurarono precocemente tra i due mondi così lontani, e dall’altro la stupefacente capacità dei produttori cinesi d’intercettare le esigenze di un mercato tanto diverso e diversificato.

Gli artigiani cinesi seppero, infatti, creare oggetti capaci di soddisfare le esigenze di gruppi sociali, culturali e religiosi lontanissimi da loro per cultura e sensibilità, dando vita a una realtà che divenne ben presto il primo mercato globale della storia. Lo spazio che ospita la mostra, trasformato in una «porcelain room» da antico palazzo europeo, esibisce, in una sorta di scrigno rivestito di velluto, 1.700 porcellane suddivise in tre sezioni.

Nella prima è riunito il gruppo più ricco mai visto in Occidente di porcellane della dinastia Ming (1368-1644) decorate con motivi e temi europei. Fu quando i Portoghesi, dal 1513, aprirono le rotte marittime orientali, che gli scambi tra Cina ed Europa, prima sporadici, presero a infittirsi, e furono sempre loro a commissionare alle manifatture cinesi oggetti destinati al mercato occidentale ma anche islamico. I primi presero il nome di «first orders»: ne sono sopravvissuti solo 150 e oltre 45 sono esposti qui. Nella seconda sezione figurano servizi da tavola della metà del ’700, dalle forme sorprendenti di frutti, animali, vegetali, ispirate ai prodotti europei di manifatture come Höchst e Meissen, in Germania, e la Real Fábrica do Rato di Lisbona. La terza, infine, evoca le «porcelain room» delle case aristocratiche europee del Sei e Settecento.

La Fondazione Prada si è intanto arricchita di una nuova installazione permanente, esposta al primo piano della Galleria Sud. Si tratta di «Le Studio d’Orphée», ricostruzione dell’atelier e sala di registrazione e montaggio del celebre regista Jean-Luc Godard (Parigi 1930), che ha trasferito qui il materiale tecnico utilizzato nel realizzare i suoi film dal 2010 a oggi, ma anche i mobili, i libri, i quadri, i tappeti e altri oggetti personali provenienti dallo studio-abitazione di Rolle in Svizzera.

Punto focale è il grande schermo televisivo usato dal regista come strumento di lavoro, sul quale scorrono il lungometraggio «Le Livre d'image», 2018 (che proprio in questo contesto è stato realizzato) e nove cortometraggi («On s'est tous défilés», 1988; «Je vous salue Sarajevo», 1993; «Les enfants jouent à la Russie», 1993; «The Old Place», 1998; «De l'origine du XXIème siècle», 2000; «Liberté et Patrie», 2002; «Une bonne à tout faire», 2006; «Vrai faux passeport», 2006; «Une Catastrophe» 2008). Godard ha poi ideato «Accent-sœur», diffuso nell’ascensore della Torre, dove si ascolta la colonna sonora di «Histoire(s) du cinéma», 1988-98, video in otto capitoli con estratti di film, telegiornali, testi di filosofia, romanzi, poesie, musiche e opere d’arte, che raccontano, appunto, la storia del cinema. «Le Studio d’Orphée» è accessibile dal mercoledì al lunedì dalle 13 alle 19, su prenotazione (dalle 13 alle 17, ogni 30 minuti, sono proiettati i cortometraggi, per gruppi di dieci persone; dalle 17 alle 19 «Le Livre d’image» per cinque persone; fondazioneprada.org).
 

Ada Masoero, 29 gennaio 2020 | © Riproduzione riservata

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