Arabella Cifani
Leggi i suoi articoliCapita a volte di leggere libri impossibili. Libri che sembra che si vogliano inciampare apposta nelle tue mani, forse stregati, e che ti devono comunicare qualcosa. Fu questo il caso di un volumetto dimenticato (e sul piano letterario veramente da dimenticare): La regina e il re della fava, ossia Teodolinda ed Accaccio, scritto nel 1867 dal Giovanni Maria Vignolo, stampato nella tipografia di san Giovanni Bosco. Il libro narra le peregrinazioni in bassa Val di Susa di due «promessi sposi» in compagnia del loro parroco.
Una bizzarra storia d'amore funge da pretesto per una divagazione turistico-storica. Vignolo narra, ad un certo punto, d'esser giunto a Reano, feudo dei Dal Pozzo della Cisterna, e di avervi visitato insieme con i due sposi la nuova e bellissima chiesa parrocchiale di stile neogotico, appena costruita a spese del principe Carlo Emanuele. Nella chiesa vi erano anche antichi e preziosi quadri «ivi trasportati da Pisa».
Le cose accadono e il destino o il Kairos vi hanno parte. Proprio in quei giorni il sacrestano di Reano conoscendo il nostro gusto per «le cose vecchie» ci invitò a vedere dei quadri «neri e brutti» (lui lo disse in piemontese con ben altro piglio) alcuni alla chiesa parrocchiale e altri ad una cappella che non si apriva mai al pubblico e che infatti ci aveva sempre incuriosito.
Reano è un incantevole paese alle porte di Torino, chiuso in una conca verdissima e sovrastato dall’imponente e millenario castello dei Dal Pozzo della Cisterna. Piccolo però, piccolissimo, con un municipio che sembra una scatola di fiammiferi e una parrocchiale in stile neogotico di smisurata grandezza piazzata su una cresta. Che diavolo a poteva esserci a Reano?
Stuzzicati dalla storia dei quadri «pisani» e dall’idea di un incontro con quadri «neri e brutti», partimmo per una spedizione in loco. La visita ci lasciò senza fiato. Nella parrocchiale di San Giorgio e nella vicina Cappella della Pietà era infatti ospitato uno dei più importanti e significativi cicli pittorici del Piemonte e d’Italia, i cui studi da noi poi pubblicati in Inghilterra, hanno poi coinvolto anche il Gabinetto dei disegni del British Museum di Londra e il Gabinetto dei Disegni degli Uffizi di Firenze, dove sono stati rintracciati disegni relativi proprio a questi quadri.
La storia della magnifica serie di dipinti tardorinascimentali toscani, piovuti come meteoriti in Piemonte, si intreccia in modo indissolubile con quella della celebre famiglia dei Dal Pozzo Della Cisterna, che di Reano furono feudatari fin dal 1561. Tuttavia non furono loro i committenti dei dipinti, bensì il banchiere fiorentino Alessandro degli Acciaiuoli, proprietario della Tenuta di Pietrafitta di San Giminiano.
Nel 1584 l’Acciaiuoli fece costruire, su disegno del suo architetto Bernardo Buontalenti, una grande cappella ottagonale a fianco del palazzo di Pietrafitta e per essa fece dipingere nel 1585 otto grandi tele dai più importanti artisti a quel tempo attivi in Firenze.
Pietrafitta è una delle più belle tenute della Toscana a due chilometri da San Gimignano, un luogo meraviglioso, con una grande casa padronale rinascimentale al colmo di una foresta di cipressi, coltivato a vigne e uliveti, il primo luogo dove è stata vendemmiata la Vernaccia, celebrato anche dal Redi nel suo celebre poema del «Bacco in Toscana». Purtroppo i paradisi si possono anche perdere e pure nel Cinquecento le banche potevano fallire.
La banca degli Acciaiuoli nel 1594 fece bancarotta e i loro beni furono posti in vendita per ripianare i debiti. Sul complesso di Pietrafitta piombò come un falco Carlo Antonio Dal Pozzo, Arcivescovo di Pisa, sottile, astuto e ascoltato consigliere segreto del granduca Francesco I, committente di Bernini e del Giambologna, che lo acquistò, con molte agevolazioni da parte del duca, nel 1598.
Alla sua morte (1607), Pietrafitta passò in eredità al nipote Amedeo Dal Pozzo, Marchese di Voghera, maggiordomo di Carlo Emanuele I. I Dal Pozzo custodirono sempre lungo il Seicento e il Settecento con ogni cura il loro patrimonio toscano. Nel luglio del 1782 ritennero opportuno trasportarli a Torino e sistemarli nel loro palazzo di città; dopo il 1856 furono portati a Reano: alcuni alla nuova parrocchiale, che i principi avevano fatto costruire, e altri nella Cappella della Pietà, eletta a sepoltura di famiglia; quelli della parrocchiale furono adattati abilmente alle strutture neogotiche della nuova chiesa.
I sette dipinti superstiti (uno è andato perduto), tutti splendidamente restaurati, si trovano ancor oggi nei due distinti edifici: quattro adornano la parrocchiale, tre nella vicina Cappella della Pietà, oggi ristrutturata e intelligentemente trasformata in un piccolo e prezioso Museo Civico, aperto al pubblico, fortemente voluto dal Comune di Reano: una precisa testimonianza del fatto che in Italia anche le piccole comunità possono, se vogliono e se sono unite, fare miracoli per valorizzare il proprio patrimonio artistico.
Rappresentano: «La Nascita della Vergine Maria» di Giovanni Maria Butteri (1540 circa -1606), «Il Matrimonio di Maria», di Giovanni Battista Bizelli (1550 circa -1607), «La Visitazione» e «L'Annunciazione», entrambe di Lorenzo Vaiani detto lo Sciorina (1535 circa -1598).
Nella Cappella della Pietà vi sono invece «L’Incoronazione di Maria» di Alessandro Allori detto il Bronzino (1535-1607), «La Presentazione di Maria al tempio» di Giovanni Maria Butteri e «La Morte della Vergine» di Giovanni Battista Naldini (1537 ca-1591).
Tutti firmati e datati 1585, furono eseguiti da alcuni fra i migliori pittori toscani presenti a Firenze alla fine del Cinquecento, per la maggior parte, in una collaudata società di lavoro con Alessandro Allori, nipote del più celebre Agnolo Tori detto il Bronzino (1503-72). I pittori parteciparono a progetti prestigiosi come quello dello studiolo del duca Francesco I de’ Medici a Palazzo Vecchio di Firenze e furono attivi per la decorazione di chiese toscane e per una vasta clientela privata formata dalle più grandi famiglie nobiliari fiorentine.
Si tratta del meglio della loro produzione, in particolare «La Natività di Maria» del Butteri e «La Visitazione» del Vaiani vanno annoverate fra i capolavori di questi artisti. Denotano una diretta dipendenza stilistica da Alessandro Allori, attraverso l'elaborazione di un linguaggio sofisticato e prezioso, fatto di colori smaglianti e di squisitezze pittoriche, come negli singolari gioielli, ricami, acconciature, calzature, che adornano le figure.
La storica dell’arte Mina Gregori ha voluto visitare personalmente Reano qualche anno fa e ha dichiarato che di questi autori quadri così belli a Firenze non ce ne sono. Giustamente famosi, sono da tempo entrati a pieno titolo nel circuito internazionale dell’arte rinascimentale italiana. Reano ha scoperto di possedere un tesoro e ne va giustamente orgogliosa.
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