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Alessandro Martini
Leggi i suoi articoliIl mondo delle arti è in subbuglio contro la nuova amministrazione di Donald Trump. Già durante la campagna elettorale per le presidenziali molti artisti, curatori e galleristi avevano manifestato, singolarmente o in modo coordinato e in particolare contro le dichiarazioni anti immigrati («America First»...), e molte opere avevano avuto il neopresidente come soggetto (spesso deriso).
Oggi, il mondo dell'arte americano teme una drastica riduzione dei finanziamenti centrali al National Endowment for the Arts (Nea), l’agenzia federale americana che sostiene i più promettenti progetti artistici. Molte le contestazioni alle norme anti immigrazione del neopresidente. Roger Waters, il leader dei Pink Floyd, in margine alla mostra «The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains» al Victoria and Albert Museum di Londra (17 marzo-1 ottobre) ha annunciato di voler suonare «The Wall» proprio davanti al muro che Donald Trump intende costruire tra Messico e Usa.
In risposta al progetto di negare l’ingresso ai cittadini di 7 Paesi a prevalenza musulmana (oggetto di enormi polemiche e di contenzioso con tribunali locali), il MoMA di New York ha messo in mostra diverse opere d’arte «musulmana» facendole emergere dai propri depositi.
Opposta l’operazione, più «estrema», del Davis Museum. Il museo del Wellesley College, in Massachusetts, ha organizzato «Art-Less», iniziativa che mira a sottolineare il contributo degli immigrati all’arte nazionale (sia artisti sia collezionisti), eliminando le loro opere dal percorso di visita oppure impacchettandole e rendendole invisibili (sono circa il 20% della sua collezione). Tra le opere scomparse per una settimana dal percorso museale (dal 16 al 21 febbraio, in occasione del President Day) c’è anche un ritratto del presidente George Washington realizzato da Adolf Ulrik Wertmüller. Era immigrato negli Usa dalla Svezia alla fine del Settecento.
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