Anna Somers Cocks
Leggi i suoi articoliIl mese scorso abbiamo riferito di come il sindaco Luigi Brugnaro stia salutando il ritorno delle navi da crociera a dispetto del recente decreto del governo Draghi. Ora è in questione lo sviluppo immobiliare in senso turistico malgrado la dichiarazione (ipocrita) dell’Amministrazione comunale di avere a cuore l’edilizia sociale.
Diversi sindaci, negli anni, hanno lamentato la morte graduale di Venezia come «comunità vivente», essendo il numero dei residenti diminuito dai 175mila del 1951 ai 52mila di oggi. «Venezia rischia di diventare Disneyland» è il cliché più sentito, piena di turisti ma svuotata di cittadini (un paragone migliore sarebbe Carcassonne, la città medievale dei Pirenei francesi, senza abitanti ma perfettamente restaurata a uso dei turisti). Ora due studi ben documentati di un gruppo di azione cittadina dimostrano come l’Amministrazione stia addirittura accentuando la crisi abitativa, una delle prime ragioni per cui Venezia sta perdendo i suoi abitanti.
Ocio, il termine veneziano per «occhio» (nel senso di «attenzione») è anche l’acronimo di Osservatorio civico sulla casa e la residenza, un gruppo di «investigatori anonimi» che stanno colmando il vuoto informativo creato dopo il 2014 quando il Consiglio comunale ha sciolto il proprio Osservatorio casa. Il rapporto online di Ocio, «Abitare la città: politiche di residenza nella città ai tempi del turismo di massa», rivela che l’Amministrazione comunale ha effettivamente contribuito al problema degli alloggi lasciando vuoto l’11,3% delle residenze sociali, con la giustificazione che avrebbero necessità di manutenzione. Ocio (che con il rapporto si è meritato un encomio speciale nel premio annuale 2021 dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti per il miglior giornalismo su Venezia) dimostra che le promesse degli ultimi tre sindaci di rendere disponibili più alloggi non sono valse quasi a nulla.
Nel 2000-05, Paolo Costa aveva annunciato la creazione di 1.400 nuovi alloggi sociali; nel 2010-14, Giorgio Orsoni aveva promesso 5mila nuove unità; nel 2013 l’Ater (Azienda territoriale per l’edilizia residenziale) ne aveva promessi 7.500 e nel 2015, al suo primo mandato, Luigi Brugnaro aveva dichiarato di voler attrarre 30mila residenti con la sua nuova politica di edilizia sociale. Di queste 13.900 unità promesse, sono state costruite poco più di 200, molte cedute per strutture ricettive. Ad esempio, nell’ex fabbrica Junghans sul canale della Giudecca dovevano essere costruiti 137 appartamenti a basso costo, solo 80 sono stati completati, di cui 37 già affittati ai turisti.
Un precedente reportage di Ocio, «Sant’Elena: ancora un annuncio per l’area ex Actv», è dedicato a una delle ultime aree vuote della città, i 56.500 metri quadrati di superficie su terra dell’ex arsenale della Actv (servizio vaporetti). Dal 2003 l’area è stata più volte promessa dal Comune per nuove unità di edilizia sociale, ma ora è stata assegnata a un promotore immobiliare per costruire alloggi privati «di alta qualità». Difatti nel 2018 lo stesso Brugnaro (imprenditore attivo anche in campo immobiliare, nonché primo sindaco di Venezia a non abitare nella città storica) aveva sostenuto per il sito una destinazione a residenze di lusso. Obiettivo riuscito. Il Consiglio comunale chiede che questi appartamenti di lusso non siano usati a scopi turistici, ma in realtà non esiste alcuno strumento legale per impedirlo.
La situazione potrebbe ulteriormente peggiorare perché una Legge regionale del 2017 consente la vendita di case popolari e l’Ater propone di alienare 828 immobili nel centro storico di Venezia e in terraferma. I primi rischiano di essere acquistati da soggetti che poi affittano camere tramite Airbnb o servizi analoghi, il che farebbe aumentare i prezzi degli immobili, rendendo ancora più difficile ai veneziani di trovare abitazioni in cui vivere. Infatti, Ocio riferisce che nel 2019 il numero di posti letto turistici nel centro storico è stato pari al numero di abitanti, 52mila, con un aumento del 93,3% rispetto a cinque anni prima.
Venezia è Patrimonio dell’Umanità e l’Unesco ha preso atto di queste tendenze. Nel proprio sito web dichiara che «in futuro potrebbero avere un grave impatto negativo sull’identità e l’integrità di Venezia e dovrebbero perciò essere la massima priorità del piano di gestione». Peccato che questo piano di gestione, che ogni sito Unesco è tenuto a rispettare, sia redatto dalla stessa Amministrazione che sta palesemente sfruttando la città per guadagni a breve termine. E peccato che l’Unesco si sia dimostrata del tutto priva di strumenti di fronte a questa situazione: si è piegata già due volte alle pressioni del Governo italiano perché la città non sia inserita nella sua lista del Patrimonio in pericolo.
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