Redazione GDA
Leggi i suoi articoliA distanza ravvicinata i capelli biondi di Maddalena, che inginocchiata lava i piedi di Cristo, rivelano trasparenze lievissime e lo sguardo assorto commuove: siamo nella scena della cena a casa del fariseo, in una delle sette magnifiche storie che Giotto e allievi dipinsero nella Cappella della Maddalena nella Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi. «Il Giornale dell’Arte» è stato invitato a salire sui ponteggi che il Sacro Convento ha approntato affinché Sergio Fusetti, dal 1997 caporestauratore e conservatore del complesso francescano, possa nei prossimi mesi intervenire sul ciclo pittorico.
Il registro basso richiede una semplice manutenzione, ma la volta versa in condizioni preoccupanti, spiega Fusetti, che ha già lavorato sugli affreschi del maestro nella Cappella degli Scrovegni a Padova e sul ciclo francescano di Giotto nella Basilica Superiore assisiate. Secondo quanto riportato dal Sacro Convento, Tebaldo Pontano, vescovo di Assisi dal 1296 al 1329, commissionò il ciclo a Giotto che vi lavorò «molto probabilmente in concomitanza con gli affreschi padovani».
Fusetti aggiunge: «Durante un intervento dell’Istituto Centrale per il Restauro sulla vetrata della Cappella, due anni fa ho “bussato” sugli affreschi e ho verificato che presentavano distacchi di intonaco dal supporto murario. Anche se la pittura sembrava intatta, bisogna consolidare l’affresco al muro onde evitare eventuali cadute nel caso di un terremoto. Ne ho parlato con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, che ci segue con la funzionaria Mariangela Brucato, e con il custode del Convento, padre Mauro Gambetti. Nell’ambito di un programma di lavori nella Basilica Inferiore, siamo arrivati alla Cappella della Maddalena che, dopo un intervento nel 1968, è stata restaurata l’ultima volta nel 1974 a opera dell’Icr. Pensavamo di dover provvedere a poco più di una manutenzione ordinaria, ma sulla volta si è presentato un problema più grave».
Quale? «Abbiamo trovato uno strato di grigio causato sia dal pulviscolo sia dal vapore acqueo dei milioni di persone che transitano nella chiesa ogni anno. Inoltre vanno sostituite le stuccature in gesso, fatte probabilmente a fine ’800 o inizio ’900 per riparare i danni di una grossa infiltrazione d’acqua di oltre un secolo fa. Via via che scendiamo lo strato di sporco si riduce: una manutenzione ordinaria è sufficiente anche perché le pareti non presentano danni causati da quella infiltrazione».
Nelle vele i medaglioni con Gesù, la Maddalena, san Lazzaro e santa Marta si iscrivono in un fondo blu: saggi di pulitura dimostrano quanto la superficie si sia inscurita. «Là dove è caduta l’azzurrite, sotto la quale Giotto aveva fatto una preparazione in grigio, uniformiamo il grigio in modo che dal basso la lettura sia facilitata».
Come asportate i depositi di sporco? «In certi punti usiamo acqua distillata in soluzione satura di carbonato di ammonio, in altri acqua calda». Per consolidare il supporto murario «i restauratori attraverso fori minuscoli iniettano con normali siringhe resine acriliche diluite in acqua». La filosofia dell’intervento è limpida e coerente: prevenire eventuali danni e distacchi, curare in forma sempre reversibile con il massimo rispetto della pittura e della storia. Salvo imprevisti il lavoro, eseguito dalla Tecnireco, dovrebbe concludersi entro Natale. Compreso l’uso delle tecnologie più avanzate, il costo totale è di 395mila euro.
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