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Lascaux IV

Gusci di poliestere e fibra di vetro, 680 affreschi e 1.500 graffiti per la quarta copia della grotta di Lascaux

Luana De Micco

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Innanzitutto c’è Lascaux, la grotta originale, capolavoro d’arte parietale del Paleolitico superiore (18mila anni fa), scoperta per caso da alcuni ragazzini su una collina del Périgord il 12 settembre 1940. La grotta è chiusa al pubblico dal 20 marzo 1963, da quando ci si rese conto che le alghe divoravano gli affreschi.

Dal 1983 si visita Lascaux II, una ricostituzione fedele al 90% dell’originale, prodezza tecnica per l’epoca, visitata da 10 milioni di persone. Dal 2012 esiste anche Lascaux III, una mostra digitale 3D che sta facendo il giro del mondo e ora fa tappa in Giappone.

Ed eccoci infine a Lascaux IV, una nuova replica della grotta, ancora più fedele, che apre il 15 dicembre, poco lontano da Lascaux II. Per realizzare il Centre International de l’Art Pariétal, questo il nome completo del nuovo sito, la Francia ha fatto le cose in grande. Sono stati investiti 57 milioni di euro, di cui 34 finanziati da dipartimento e Regione. Il resto dall’Europa (12 milioni), dallo Stato francese (4 milioni) e via operazioni di mecenatismo.

A Lascaux II l’ingresso era modesto e bucolico: la grotta era riprodotta parzialmente, in cemento, con i mezzi degli anni Ottanta. Per Lascaux IV si è fatto appello allo studio di architetti norvegese Snøhetta. È sorto da terra un edificio sobrio, che «scompare» sotto la collina: fuori, una lunga fascia di pietra bianca e trasparente; dentro, pareti irregolari e inclinate. Per scendere nella grotta ormai si prende l’ascensore. Le visite guidate si fanno in gruppi di 30, muniti di tablet e cuffie.

Per quanto ci riguarda, a un mese dall’apertura, ci ha fatto da «guida» l’archeologo Jean-Pierre Chadelle, membro del collegio di esperti che ha dato l’avallo scientifico al progetto: «Non sappiamo se gli uomini del passato avessero dipinto la grotta per solo scopo artistico, spiega Chadelle. Non possiamo pervenire a una teoria generale dell’arte preistorica, possiamo affermare che Lascaux è stato un grande progetto sociale. Gli artisti hanno dovuto recuperare i pigmenti in natura, fabbricare scale per raggiungere le pareti più alte. Sul posto sono state rinvenute più di 130 lampade alimentate a grasso, ma anche resti di cibo. Sono sicuro che la grotta è stata un luogo di festa. Un tale splendore si fa solo per essere condiviso».

Nella grotta fa fresco. La temperatura è regolata a 13 gradi d’inverno, 16 d’estate, come nell’originale. Se Lascaux II riproduce solo la sala dei tori e la galleria (i due spazi più spettacolari), Lascaux IV comprende anche l’abside, la navata e il diverticolo. La replica nasce dall’assemblaggio di 54 grossi «gusci» di poliestere e fibra di vetro sostenuti da un’armatura di ferro, di qualche tonnellata ognuno.

Pittori, scultori e artigiani dell’Atelier des Fac-similés du Périgord, a Montignac, hanno lavorato due anni e mezzo per riprodurre 900 mq di pareti decorate: 680 affreschi e 1.500 graffiti copiati al millimetro, mescolando tecniche ancestrali e moderne tecnologie al laser e 3D. Ogni minimo segno della roccia è stato cesellato con lo scalpello. Per gli affreschi sono stati usati pigmenti naturali con «una leggera dose di leganti acrilici» e tecniche più vicine possibile a quelle dei primitivi. «La grotta è stata riprodotta come era al momento della scoperta, ha osservato Chadelle. Qualche libertà è stata presa solo per la messa a norma. La galleria ad esempio è stata allargata per permettere l’accesso ai disabili, ma la differenza è minima, e posso accertare che l’emozione resta intatta».

Manca solo la famosa «scena del pozzo», con l’uomo e il bisonte, che, per motivi di sicurezza (l’accesso al «pozzo» originale si fa scendendo ad alcuni metri di profondità), è stata riprodotta a parte, nel cosiddetto «atelier di Lascaux», una grande sala esplicativa che si visita uscendo dalla grotta. Seguono ancora due sale di proiezione, un cinema 3D, una «galleria dell’immaginario», dove si gioca su monitor a tessere legami tra arte parietale e moderna, e una sala per mostre temporanee. Volendo si può restare sul sito più di due ore.

Alla fine della visita ci viene da chiederci se fosse davvero ragionevole investire tanto in Lascaux IV, dal momento che Lascaux II, benché più grossolana e certo un po’ démodé, senza né tablet né terminali interattivi, non ci pare così malvagia. «Il pubblico ha diritto a farsi un’idea generale della grotta. È una questione di onestà», spiega Yves Coppens, presidente del comitato scientifico di Lascaux. Da parte sua André Barbé, direttore di Semitour, gestore del sito, sottolinea la forza del «marchio Lascaux», noto nel mondo e sempre più amato in Asia, che può garantire a Lascaux IV risultati anche superiori di quelli registrati dalla replica della grotta di Chauvet-Pont d’Arc, aperta nel 2015, che ha accolto in un anno 600mila visitatori, il doppio delle previsioni.

Semitour stima di poter stabilizzare la frequentazione di Lascaux IV per gli anni a venire a 400mila visitatori, mentre Lascaux II ne accoglieva 270mila. Germinal Peiro, presidente del dipartimento Dordogna, sottolinea invece la necessità di trasformare la grotta di Lascaux, quella vera, in «santuario». Il successo della prima replica, costruita sulla collina a neanche 100 metri dall’originale, con il viavai delle auto e dei pullman, rischiava infatti di minare la stabilità e la sicurezza del sito patrimonio Unesco dell’umanità dal 1979.

«A Lascaux la situazione è stata stabilizzata, la grotta non è in pericolo ed è regolarmente monitorata, viene assicurato. Tutta questa operazione è a carattere preventivo». Lascaux IV si trova a più di 500 metri dall’originale. Auto e pullman parcheggeranno ormai ai piedi della collina. La replica di Lascaux II non chiuderà, ma sarà reinventata, forse destinandola alle visite scolastiche. E soprattutto si potrà raggiungere solo con una navetta elettrica.

Luana De Micco, 01 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

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Lascaux IV | Luana De Micco

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