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Vi voglio bellicosi e giocondi

Giacche a zigzag e donne con la cravatta: alla Estorick Collection l’intenso e innovativo rapporto tra Giacomo Balla e la moda attraverso 116 opere (abiti, bozzetti e dipinti) dalla raccolta Biagiotti Cigna

Luana De Micco

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Laura Biagiotti non è solo una grande stilista, madrina della moda made in Italy, è anche una collezionista d’arte. Nel 1996 lei e la sua famiglia hanno costituito la Fondazione Biagiotti Cigna (col nome del marito, Gianni Cigna, morto quell’anno) che riunisce circa 300 opere di Giacomo Balla (1871-1958), un artista a cui Laura Biagiotti è particolarmente affezionata. Racconta di esserne rimasta folgorata un giorno dell’ottobre 1986 quando entrò per caso in una galleria di Roma che esponeva delle opere della famiglia Balla: «Ero così entusiasta che, con mio marito, decidemmo di acquistare gran parte delle opere esposte. Nacque così il primo nucleo della raccolta e sbocciò l’amicizia con le figlie del pittore, Luce ed Elica Balla. Furono loro, spiega la stilista, a farci conoscere in modo quasi tangibile il loro “papà”, non solo come grande genio pittorico di questo secolo, ma come anima di artista gentile».

All’esponente di spicco del Futurismo la casa di moda romana aveva dedicato la sua collezione p/e 2015, anno in cui ricorreva il centenario della pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo che Balla firmò l’11 marzo 1915 insieme a Depero, una tappa importante nell’evoluzione dell’estetica futurista. La collezione d’arte Biagiotti Cigna è già stata presentata nel 1996 al Museo Puskin di Mosca e nel ’98 al Chiostro del Bramante a Roma.

Una selezione di 116 opere è ora allestita, dal 5 aprile al 25 giugno, all’Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra nella mostra «Giacomo Balla. Designing the Future». Un’ampia parte della collezione è costituita dagli studi sulla moda realizzati da Balla. L’11 settembre 1914 Balla pubblicò Vestito antineutrale Manifesto Futurista che «costituisce il prodromo teorico per l’espansione dell’arte futurista dal dipinto e dalla scultura a ogni aspetto del mondo quotidiano, realizzato di fatto con la stesura del successivo manifesto Ricostruzione Futurista dell’Universo», ha spiegato Fabio Benzi, direttore scientifico della Fondazione Biagiotti Cigna e curatore della mostra. Nel suo Manifesto Balla scrive: «Il corpo dell’uomo fu sempre diminuito da tinte neutre, avvilito dal nero, soffocato da cinture, imprigionato da panneggiamenti. Tonalità e ritmi di pace desolante». Eliminando le «tinte neutre», «la simmetria dei tagli», le «fogge pedanti», i futuristi intendevano «colorare l’Italia di audacia e di rischio futurista, dare finalmente agli italiani abiti bellicosi e giocondi».

Gli abiti per Balla devono provocare emozioni: in mostra sono allora allestiti il gilet a motivi colorati del 1924-25 e un bozzetto per vestito da uomo del 1914 con l’eccentrica giacca dal taglio a zigzag. Per le donne emancipate si introducono la cravatta e accessori dinamici dalle forme bizzarre, come si vede nel progetto di ventaglio del 1918. Balla disegna anche oggetti di design, come l’attaccapanni del 1928. Il percorso presenta anche una selezione di 36 dipinti, tra cui il «Ritratto di Tolstoj» (1911), due «Compenetrazioni iridescenti» (1913), «Una passione» (1920) e una serie di tele che segna il ritorno alla figurazione, come «Nel patio» (1926) e «Parlano» (1934).

Luana De Micco, 22 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

Vi voglio bellicosi e giocondi | Luana De Micco

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