Valeria Tassinari
Leggi i suoi articoliAvevamo intervistato Simone Menegoi, riconfermato direttore della manifestazione bolognese, a ridosso delle date previste per Arte Fiera a gennaio e lo ritroviamo oggi, disponibile a riprendere il filo del discorso rimasto in sospeso a causa del rinvio per l’emergenza Covid-19. Nonostante lo slittamento sia di pochi mesi, lo scenario è molto differente, e gli chiediamo se, tra il condensarsi di grandi eventi internazionali e la situazione geopolitica internazionale, le sue aspettative siano ancora ottimistiche come a inizio anno, quando ci raccontava di una grande voglia di ripresa.
Dopo il rinvio obbligato delle tradizionali date invernali, il periodo scelto per Arte Fiera si va a collocare tra la Biennale di Venezia (dal 23 aprile al 27 novembre) e Frieze NY (18-22 maggio) e a ridosso di documenta di Kassel (dal 18 giugno al 25 settembre) e Art Basel (16-19 giugno). Questo momento di grande fermento potrebbe essere un vantaggio ma anche l’esatto contrario... Quali sono state le ragioni di questa scelta?
Se è per questo, ha dimenticato di citare Photo London, che si svolge negli stessi giorni di Arte Fiera. Il punto è che il calendario artistico internazionale, e in particolare quello delle fiere, è ormai così fitto che ogni settimana è marcata da un evento, manifestazione, kermesse, o da più d’uno. Per essere assolutamente certi di evitare sovrapposizioni, bisognerebbe tenere fiere, biennali, eccetera, su un altro pianeta (argomento peraltro di attualità, viste le ambizioni recenti di Elon Musk).
Data la situazione sanitaria a dicembre 2021, la necessità di posporre l’edizione di Arte Fiera 2022 era indiscutibile; la volontà di collocarla abbastanza in là nel calendario da metterla in sicurezza, del tutto comprensibile. Le date di metà maggio sono state il frutto di accurate riflessioni, che hanno tenuto conto sia del calendario di eventi che lei citava, sia della necessità di non avvicinarsi troppo alla pausa estiva. Infine, ha contribuito alla scelta il ricordo dell’edizione del 2021 di Art City, il programma di mostre ed eventi che di solito accompagna Arte Fiera e che l’anno passato, in assenza della fiera stessa, cancellata per motivi sanitari, si tenne appunto a maggio. Anche senza il traino fondamentale della fiera, la manifestazione fu un successo, con visitatori da Roma, Milano, Torino e altre città. Oltre alla qualità del programma coordinato da Lorenzo Balbi giocarono a favore il bel tempo, l’uscita dalle restrizioni sanitarie, il desiderio di viaggiare: tutti fattori che (con un pizzico di fortuna per quel che riguarda il tempo) saranno di nuovo dalla nostra parte. E aggiungiamoci pure la curiosità per un’inedita Arte Fiera «in maniche corte», anziché in maglione. Ci sembrano ottimi auspici per questa edizione primaverile.
Da gennaio a oggi lo scenario internazionale, già complesso, è mutato drammaticamente. Pensa che l’effetto della crisi ucraina, con l’embargo russo e la svalutazione del rublo, avrà riverberi anche sul nostro mercato dell’arte?
Le conseguenze di una guerra di aggressione alle porte dell’Unione Europea sul mercato dell’arte, lasciando da parte l’economia in generale, non possono essere certo positive, ma il loro reale impatto non è facile da prevedere. Mi limito a osservare che la forte italianità di Arte Fiera, sia in termini di gallerie partecipanti che del bacino di collezionisti, la rende un po’ meno esposta rispetto a fiere decisamente internazionali.
Bologna si aspetta molto da Arte Fiera, in termini di visibilità e relazioni. Che cosa si aspetta Arte Fiera dalla città?
Il legame di Arte Fiera con Bologna è vitale, e funziona, come lei ha ricordato, nei due sensi. Da quando sono direttore della fiera, mi sono adoperato affinché questo legame fosse, se possibile, ancora più stretto: lavorando di concerto con Lorenzo Balbi a far sì che la città percepisca sé stessa come una scena artistica unitaria, non una somma di player, e si presenti come tale all’appuntamento dell’art week; coltivando buone relazioni con quei player, che si tratti di istituzioni pubbliche o private, di gallerie (alcune delle quali non frequentavano più la fiera e sono tornate a esporvi), oppure di collezionisti, artisti, curatori; cercando di rappresentare in fiera le eccellenze e le specificità artistiche della città, a cominciare dal capitolo performance e live arts, emerso spettacolarmente con le Settimane Internazionali della Performance degli anni ’70 e ’80, e che oggi si prolunga idealmente nel programma di «performing activities» curato in fiera da Silvia Fanti / Xing. Che cosa si aspetta Arte Fiera dalla città? Che continui a considerarla essenziale, e a sostenerla di conseguenza, come ha fatto finora; e che, come ho detto, percepisca sé stessa come un tutto che è maggiore della somma delle parti. Non mi stanco di ripeterlo: è la presenza di una vera scena artistica il fattore che distingue Bologna da altre città italiane di dimensioni paragonabili. L’unione fa la forza.
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