Enrico Tantucci
Leggi i suoi articoliUna boccata d’ossigeno per la sopravvivenza del vetro artistico di Murano, colpito dalla più grave crisi della sua storia plurisecolare, dopo che la grande acqua alta del 2019 e poi le chiusure imposte dall’emergenza Covid-19 avevano già messo a dura prova il mantenimento del settore. Questo rappresentano i 5 milioni di euro stanziati recentemente dal Governo per coprire gli esorbitanti extracosti imposti a vetrerie e fornaci dell’isola dall’aumento del gas e dell’energia elettrica.
Con bollette praticamente decuplicate per le circa 70 vetrerie muranesi attive, con circa 650 addetti, che devono mantenere i forni costantemente accesi per produrre i vetri artistici famosi in tutto il mondo. E con una corsa contro il tempo perché i nuovi fondi dovranno essere richiesti entro la fine di agosto, per essere effettivamente erogati.
«È un aiuto fondamentale, commenta Andrea Dalla Valentina, presidente del settore vetro artistico della Confartigianato veneziana, che non serve certo a risolvere i problemi del vetro muranese, ma che ci consente almeno di rimanere in vita. C’è chi di fronte a questa crisi energetica ha scelto di spegnere i forni per risparmiare, ma questo significa impiegare circa un mese per riportare a pieno ritmo gli impianti. La Regione aveva già stanziato 3 milioni di euro qualche mese fa ma sono praticamente finiti, anche perché, con la guerra in Ucraina, i prezzi sono cresciuti in modo impressionante».
La produzione in Cina
Ma gli aiuti di Stato, pur indispensabili, non bastano a fermare una crisi che riguarda l’intero distretto muranese e che è legata anche agli effetti distorsivi del turismo. Basti sapere che (come ha documentato una ricerca della Camera di Commercio veneziana di qualche anno fa) circa l’80 per cento dei vetri venduti in laguna non sono prodotti a Murano, ma altrove, a cominciare dalla Cina, per i vetri finti a un euro che hanno invaso negli ultimi anni i negozietti di souvenir sparsi per Venezia, rispetto ai quali solo ora l’Amministrazione comunale sembra intenzionata a mettere un freno. E la situazione non è cambiata, per un settore che vive soprattutto di esportazioni verso Paesi come gli Stati Uniti, il Giappone, la Russia (altra «voce» che con la guerra in corso viene a mancare).
A mettere al riparo dalla concorrenza sleale avrebbe dovuto contribuire il marchio del vetro artistico di Murano, voluto dalla Regione già nel 1994 e affidato per la sua gestione e diffusione al Consorzio Promovetro per certificare l’originalità dei manufatti prodotti sull’isola. Ma i risultati sono finora solo parziali, perché sono le grandi aziende vetrarie, a cominciare da marchi come Venini, le prime a non aver mai adottato il marchio. Per valorizzare maggiormente il proprio e anche per non vincolare necessariamente tutta la propria produzione su larga scala al solo vetro muranese.
«Non capisco perché aziende come Venini non aderiscano al marchio che è una garanzia per tutti, commenta Luciano Gambaro, presidente del Consorzio Promovetro, ma ne prendo atto. Il marchio, comunque, con la sua tracciabilità, continua a estendersi e finora vi ha aderito circa il 70 per cento delle fornaci muranesi. Sono fiducioso sul fatto che la sua diffusione possa crescere ancora, anche perché sono gli stessi turisti a chiedere sempre di più un prodotto di qualità e certificato».
«Il marchio è molto utile soprattutto all’estero, riflette anche Dalla Valentina, e la sua mancata adozione da parte di molti comporta anche un danno d’immagine per il vetro muranese, perché è lo stesso acquirente a essere dubbioso sulla difformità degli oggetti che acquista dal punto di vista della denominazione d’origine».
Esiste poi un problema sempre più pressante di difficile ricambio generazionale per i maestri vetrai muranesi. La Scuola del Vetro Abate Zanetti presente sull’isola e la cui società era stata acquistata dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro è ora stata affidata in gestione alla Fondazione dei Musei Civici Veneziani con il Museo del Vetro di Murano. Ma quello che la Scuola garantisce è comunque una preformazione, non ancora la possibilità per i giovani di entrare a lavorare operativamente nelle fornaci.
Serve un apprendistato di 10-15 anni «sul campo» per diventare a tutti gli effetti dei maestri vetrai (l’età media di chi lavora in fornace è oggi compresa tra i 43 e i 50 anni) e pochi sono i giovani che hanno la pazienza e la costanza di resistere. Ancora meno se progressivamente continua a diminuire il numero delle vetrerie attive. Un’indagine dell’Istituto per il Lavoro indicava nel 1996 la presenza a Murano di 266 aziende vetrarie, con quasi 2mila addetti. Oggi, appunto, ne sono rimaste tra le 60 e le 70, con circa 650 addetti. Cifre che parlano da sole per testimoniare il ridimensionamento di tutto il comparto, arrivato ai limiti di sopravvivenza.
Vetro d’arte addio
È in forte difficoltà anche un altro aspetto (di prestigio e di sostanza) legato alla storia del vetro muranese: il rapporto con i designer o con gli artisti che collaboravano regolarmente con le aziende vetrarie per «produrre» opere in vetro diventate spesso autentici capolavori. La Fondazione Cini con Pentagram Stiftung ha da diversi anni lanciato il progetto «Le Stanze del Vetro» con mostre dedicate a designer e artisti che hanno lavorato in passato sul vetro soprattutto a Murano, da Carlo Scarpa a Tapio Wirkkala, da Ettore Sottsass a Napoleone Martinuzzi.
Per andare indietro fino alla Fucina degli Angeli, il movimento per l’arte del vetro fondato da Egidio Costantini nella prima metà degli anni Cinquanta che portò nella sua Fucina (così ribattezzata da Jean Cocteau) artisti come Oscar Kokoschka, Marc Chagall e Pablo Picasso. Oggi anche questa «via» del vetro artistico muranese si è fortemente ristretta e uno dei pochi rimasti a praticarla è Adriano Berengo con la sua Fondazione Berengo Art Space che riesce ancora a portare a Murano alcuni grandi artisti contemporanei come Tony Cragg (di cui è in corso al Museo del Vetro una bella mostra organizzata dalla Fondazione), Ai Weiwei e Thomas Schutte.
«Mi ricollego un po’ alla Fucina degli Angeli di Costantini, spiega Berengo: Faccio questo lavoro da 35 anni e ho ormai un rapporto consolidato con molti di questi artisti. Dalla loro idea passiamo alla stampa in 3D dell’opera e poi alla realizzazione vera e propria in fornace. Un artista che viene a Murano e vuole provare a realizzare un’opera in vetro, si vede chiedere in fornace 5-600 euro l’ora per la sperimentazione. E se dopo tre o quattro ore il prodotto finito del maestro vetraio non li soddisfa, deve pagare lo stesso. Io invece i miei artisti li lascio “giocare”, non pagano nulla per sperimentare sulle loro creazioni in vetro. Investo sulla possibile collaborazione. Se non sono soddisfatti, non se ne fa nulla, ma in genere questo metodo porta sempre a istituire delle collaborazioni».
Durante la Biennale Berengo organizza a Venezia anche «Glasstress», con mostre di artisti stranieri che sperimentano sul vetro. Mentre il Comune con la Fondazione Musei Civici e la Fondazione Cini organizzano la «Venice Glass Week», un festival di una settimana dedicato al vetro, proprio per promuovere l’arte vetraria muranese.
Da fornace ad albergo
Sul piano produttivo, tuttavia, non basta, se un’altra delle tendenze ormai sempre più accelerate a Murano è la trasformazione di fornaci e vetrerie dismesse in complessi alberghieri, seguendo l’onda lunga del turismo veneziano. Gli ultimi casi sono quelli della vetreria dismessa dell’ex presidente di Promovetro Guido Ferro, diventata un hotel di lusso del Langham Hospitality Group, gruppo alberghiero di Hong Kong. E quello di un’altra storica vetreria di Murano, la Fornace De Majo, che sin dagli anni Cinquanta produceva celebri vetri e lampadari, rinata come Nh Collection Venezia Murano, albergo a quattro stelle su 4.800 metri quadrati che conserva il complesso dei 12 fabbricati preesistenti e alcune tracce della precedente destinazione d’uso. Perché qualcuno scopra che qui, una volta, si lavorava il vetro artistico.
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