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«Assassin’s Creed Odyssey» si svolge sullo sfondo dell’Atene classica, in un Partenone incontaminato © IGDB

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«Assassin’s Creed Odyssey» si svolge sullo sfondo dell’Atene classica, in un Partenone incontaminato © IGDB

Giocare con la storia: come archeologia e patrimonio stanno trasformando i videogiochi

Il gioco offre opportunità educative e di licenza per siti storici e istituzioni culturali

Rica Cerbarano

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Un’immagine di «Clash of Kings» ispirata a «Dunhuang». Cortesia di ARTiSTORY

Esperienza autentica

Da quando Carmen Sandiego ha rubato il suo primo inestimabile manufatto nel 1985 (in qualsiasi parte del mondo si trovasse), il patrimonio culturale ha rivestito un ruolo invitante nei videogiochi. Quel primo gioco educativo da computer dal nome «Where in the World Is Carmen Sandiego» e tradotto in più lingue, è stato un successo inaspettato che ha dato vita a un’intera serie di videogiochi, libri e a un popolare programma televisivo per bambini (il giocatore entra nei panni di un investigatore e indaga sui furti di tesori compiuti da una banda di ladri capeggiata da Carmen Sandiego, Ndr) .

Da allora però il modo in cui il patrimonio culturale è rappresentato nei giochi ha fatto molta strada. La versione deluxe di «Carmen Sandiego» includeva fotografie del National Geographic ottenute grazie ai pixel. Nel gioco «Assassin’s Creed Odyssey» la ricostruzione dell’antica Grecia è molto coinvolgente a tal punto che nel 2019 è stata rilasciata una versione «Discovery Tour» senza combattimenti che consente ai giocatori di passeggiare in cima all’Acropoli (senza nemmeno compiere un assassinio!).

Oggetti rari provenienti da uno dei più remoti siti del patrimonio culturale cinese appariranno nel gioco «Clash of Kings» permettendo così di ammirare le meraviglie di Dunhuang, città della Via della Seta ai margini del deserto del Gobi, celebre per le pitture murali dei templi buddhisti all’interno delle grotte. Nel gioco i giocatori costruiscono un impero e muovono guerra ai regni avversari. Un nuovo episodio, «Dunhuang Civilisation», includerà la mappa dell’antica città che i giocatori potranno esplorare, oltre a famosi dettagli dei murales, come le figure mitiche volanti note con il nome di «apsara»

«I giocatori vivranno un’esperienza speciale, molto autentica e vicina a ciò che si vede sulle pareti delle grotte», afferma Han Jing, cofondatore e amministratore delegato di Artistory, la società di proprietà intellettuale culturale che ha mediato l’accordo di licenza tra «Clash of Kings» e l’iniziativa Dunhuang Inspiration, gestita dall’ente locale per la cultura e il turismo.

Poiché a «Clash of Kings» giocano circa 300 milioni di persone in tutto il mondo, il progetto potrebbe anche far conoscere meglio il sito, patrimonio mondiale dell’Unesco, che pur essendo molto noto in Cina, potrebbe essere sconosciuto al pubblico occidentale. «È fantastico poter far conoscere Dunhuang a persone che non sono in Cina», afferma Natasha Dyson, cofondatrice e direttrice delle licenze di Artistory. «Spero che le storie, le immagini e i disegni dell’arte rupestre ispirino “Clash of Kings” ad ampliare il proprio pubblico». Secondo Han, «consentire ai giocatori di sperimentare la storia e la cultura reale può raggiungere questo obiettivo e ci siamo accorti che altri musei e istituzioni culturali cercano opportunità nel mondo dei giochi».

Dyson aggiunge che i giochi fanno parte dei piani di licenza digitale di Artistory per i musei, insieme a oggetti da collezione digitali, Nft ed esperienze di realtà aumentata. Riconosce però che lo sviluppo di un nuovo videogioco richiede molto tempo. «Sono necessari molte ricerche, molto lavoro, molta progettazione da entrambe le parti prima del lancio». Proprio il livello di impegno potrebbe essere ciò che rende autentico e attraente il patrimonio culturale nei videogiochi. Ubisoft, produttore della serie «Assassin’s Creed» ad esempio, si avvale di uno storico a tempo pieno, Maxime Durand, che lavora con un team di archeologi, ricercatori e specialisti di consulenza per aggiungere profondità storica ai suoi giochi.

«È interessante notare che i giocatori iniziano a sentirsi parte di questo mondo virtuale e spesso vogliono saperne di più. Pertanto i progettisti di videogiochi sfruttano questa richiesta fornendo informazioni sul contesto storico di un evento anche con elaborate pagine di Wikipedia», scrive la studiosa Tine Rassalle in un articolo sull’«archeogaming», termine popolare per indicare l’incrocio tra archeologia e videogiochi, in un recente numero della rivista «Near Eastern Archaeology». «In altre parole immergono completamente il giocatore nelle informazioni storiche, ma lo fanno in una forma non lineare in cui il giocatore può scegliere cosa dedicare al suo tempo».

Se da un lato è evidente il fascino per i giocatori di scoprire la storia attraverso il patrimonio culturale, dall’altro ci si chiede quale beneficio traggano i musei, i siti del patrimonio o gli storici dalla collaborazione con le aziende che producono queste forme d’intrattenimento. «Possiamo utilizzare questi giochi come punti di partenza per parlare con gli studenti e con il pubblico in generale di archeologia e dei problemi legati al saccheggio e al mercato nero», suggerisce Rassalle, oppure lavorare con le aziende per sfatare i miti su ciò che fanno gli archeologi e su come il patrimonio debba essere trattato nel mondo reale.

Alcuni ricercatori stanno addirittura utilizzando la tecnologia dei giochi a favore dei loro studi sul mondo antico. Per esempio David Hixson, antropologo dell’Hood College nel Maryland, si è rivolto alla casa produttrice del software Unreal Engine di Epic Games per realizzare una ricostruzione tridimensionale dell’antica città maya di Chunchucmil. Per lui uno dei principali vantaggi di lavorare con la piattaforma Unreal è stata la capacità di connettere più utenti insieme, «il che significa che due (o anche 32) persone, distanti chilometri l’una dall’altra, possono caricare la mappa di Chunchucmil nello stesso momento e incontrarsi lì per un tour a piedi insieme», ha scritto in un documento sul progetto. «Tutto ciò la rende una piattaforma ideale per l’apprendimento interattivo».

Leggi anche: «Nuove Immagini: intersezioni tra fotografia e videogame», il primo package digitale di approfondimento sulle sperimentazioni in atto nel mondo della fotografia e della cultura visuale
 

Rica Cerbarano, 28 novembre 2022 | © Riproduzione riservata

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