Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliNella Cattedrale di Santa Maria del Fiore è giunto al termine il restauro, iniziato a fine maggio, dei cenotafi affrescati di due leggendari condottieri: Giovanni Acuto (l’inglese John Hawkwood, condottiero e capitano di ventura a servizio di vari Stati e infine della Repubblica fiorentina) è la prima opera firmata da Paolo Uccello, mentre di mano di Andrea del Castagno è quello di Niccolò da Tolentino. Quest’ultimo, dopo aver combattuto per i Malatesta ed esser passato al servizio dei fiorentini, riportò nel 1432 la vittoria nella Battaglia di San Romano (quella immortalata dal trittico di Paolo Uccello diviso tra Uffizi, Louvre e National Gallery) e per le sue gesta fu nominato capitano generale di Firenze.
L’intervento, diretto dall’Opera di Santa Maria del Fiore sotto la tutela della Soprintendenza Abap per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato e reso possibile da American Express, è stato affidato a Daniela Dini, che già nel 2000 aveva operato una completa pulitura dei due cenotafi nonché il ritocco pittorico a velatura tonale delle lacune. A distanza di due decenni era necessario asportare la patina scura dovuta a inquinamento e polvere inerte che ne offuscava la lettura.
Se la polvere superficiale è stata rimossa con pennelli morbidi, per quella più profonda la pulitura si è svolta a tampone con ovatta di cotone idrofilo e acqua deionizzata tramite carta giapponese interposta, cercando però di mantenere il più possibile il ritocco pittorico precedente di grande entità. Al termine della pulitura si è provveduto a stendere velature tonali nelle lacune ricorrendo a pigmenti naturali (vegetali e/o minerali).
Il primo restauro dei cenotafi avvenne nel 1524, ad opera di Lorenzo di Credi, autore della cornice «a candelabre» sull’affresco di Paolo Uccello. Nel 1688, in occasione delle nozze del principe Ferdinando (figlio di Cosimo III dei Medici) con Violante di Baviera, gli affreschi furono per così dire rinvigoriti. Nel 1842 il restauratore Giovanni Rizzoli, notando lo stato di sofferenza dei condottieri, optò per il distacco dalla parete ponendoli su una tela di canapa intelaiata solo ai lati e il pittore Antonio Marini intervenne con un consistente restauro pittorico.
Rimasti collocati nella controfacciata fino al 1946, i due affreschi furono affidati nel 1953 a Dino Dini, che decise di asportarli dalla tela e porli su un supporto rigido costituito da masonite temperata e un telaio in alluminio, oltre a rimuovere i rifacimenti dei precedenti restauri e a compiere un ritocco pittorico sulle lacune. Nel contratto per il monumento di Giovanni Acuto, che risale al maggio 1436, si legge la richiesta di eseguirlo in terra verde rifacendo un affresco, probabilmente deteriorato, che era stato realizzato da Agnolo Gaddi e Giuliano d’Arrigo detto il Pesello un anno dopo la morte dell’Acuto, avvenuta nel 1394.
Paolo Uccello dovrà però replicare la sua opera, perché non soddisfaceva i committenti, completandola giusto in tempo per la solenne inaugurazione della Cupola del Brunelleschi il 30 agosto 1436. Più breve la realizzazione dell’altro affresco: nel 1455, vent’anni dopo la morte di Niccolò da Tolentino la Signoria di Firenze delibera di onorarne la memoria con un monumento «in modo e forma» di quello dell’Acuto. L’anno successivo l’opera è finita e viene pagata ad Andrea del Castagno 24 fiorini. I tempi così stretti sono forse motivati dai rapporti di amicizia in vita tra Niccolò da Tolentino e Cosimo il Vecchio.
Altri articoli dell'autore
Nel Museo degli Innocenti di Firenze, accanto a opere di Monet e Renoir anche quelle di Courbet, Corot, Delacroix, Daubigny, Boudin, per illustrare il movimento al completo, non solo con grandi avvenimenti e grandi nomi
Nel Palazzo Ducale di Lucca le opere degli amici accostate a libri, fotografie e carteggi per raccontare lo scrittore, poeta, drammaturgo e impresario teatrale toscano
Nell’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti 16 dipinti ripercorrono oltre 50 anni dell’attività di un pittore che lavorò, secondo Sgarbi, alla «ricomposizione di un mondo perduto attraverso un’anastilosi della pittura»
Inaugurata la nuova sede in via Gustavo Modena: accoglie la fototeca con 630mila immagini documentarie sulla storia dell’arte e dell’architettura italiana e parte della biblioteca con oltre 160mila volumi