Per Galla Placidia era il mausoleo di Teodosio

Si è concluso il restauro della Cappella di Sant’Aquilino in San Lorenzo Maggiore a Milano

L'aula ottagonale della cappella di Sant'Aquilino in San Lorenzo Maggiore a Milano. Foto di Maurizio Montagna
Ada Masoero |  | MILANO

Oggi conosciamo la cappella annessa alla Basilica di San Lorenzo Maggiore come Cappella di Sant’Aquilino, dal nome del sacerdote e martire dell’XI secolo le cui spoglie sono conservate nell’urna di cristallo di rocca e argento dell’altare. Prima però era intitolata a san Genesio e prima ancora, quando fu edificata, tra la fine del IV e i primi decenni del V secolo (secondo la tradizione, per volere di Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, la stessa cui si deve il meraviglioso mausoleo di Ravenna), aveva una funzione anche più aulica, destinata com’era a fungere da mausoleo imperiale.

Due anni di restauri sotto la costante supervisione della soprintendente milanese Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Antonella Ranaldi, conclusi il 15 luglio scorso, ci hanno restituito ciò che resta della sua magnificenza. Tutto ciò che è sopravvissuto ai secoli è stato infatti riportato in luce, risanato e ripulito. E illuminato a nuovo, sia riaprendo finestre tamponate (nell’atrio), sia grazie alla nuova illuminazione realizzata con il contributo di Artemide e progettata dal direttore dei lavori Giorgio Ripa, cui si deve anche la sistemazione della copertura e la deumidificazione delle murature, mentre gli interventi sui mosaici sono stati eseguiti da Claudia Tedeschi (tra le maggiori esperte di mosaici tardoantichi), dopo un approfondito lavoro di studio e mappatura.

Sono proprio i mosaici sopravvissuti, insieme all’armoniosa architettura (purtroppo spogliata del rivestimento marmoreo originale e di molta parte del vasto manto musivo), il grande tesoro del complesso: di quelli raffiguranti la Gerusalemme celeste, che in origine ricoprivano le quattro pareti dell’atrio, restano pochi ma preziosi lacerti, mentre di quelli che risplendevano nell’aula ottagonale è giunto sino a noi il rivestimento musivo dei catini di due nicchie semicircolari, uno dei quali, molto danneggiato ma ancora leggibile, raffigura Cristo-Elios (o forse il profeta Elia) che solca il cielo su una quadriga fra lo stupore dei pastori che assistono all’evento. L’altro, con il Cristo fra gli apostoli, è invece interamente conservato, tanto da permetterci di riconoscere le diverse mani che vi hanno lavorato (eccellente quella di chi ha composto il Cristo e gli apostoli verso destra, con il vertice nella figura di san Paolo; più modesta quella dell’autore delle figure a sinistra).

Restaurati anche gli affreschi del ’500 nel sacello dell’arca di sant’Aquilino e quelli del XIII-XIV secolo nell’atrio, così come il magnifico portale di accesso, di età flavia, proveniente dal vicino anfiteatro, che nella tarda antichità divenne una «cava» per l’edificazione della Basilica di San Lorenzo: di lì giunge molta parte dei materiali della platea di fondazione della cappella (accessibile dalla scala dietro all’altare) e sempre di lì giungono le colonne antistanti la Basilica.

Il restauro della Cappella di Sant’Aquilino è costato 600mila euro, sostenuti dalla società pubblicitaria TMC (20mila euro al mese per la durata dei lavori) e da Fondazione Cariplo e Fondazione Banco del Monte di Lombardia (100mila euro ognuna), oltre che dalla Regione Lombardia e dalle generose, continue offerte dei fedeli.

Promosso dalla soprintendente e da monsignor Gianni Zappa, oggi Decano del Centro storico, è il primo passo di un intervento che a breve interesserà l’intero complesso di San Lorenzo (il Mibact vi ha già destinato un milione di euro).

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Ada Masoero