Edek Osser
Leggi i suoi articoliViterbo. Erose dal tempo, si sfaldano le pietre della famosa Loggia del Palazzo dei Papi, simbolo artistico e storico della città. Cade già qualche frammento ma è necessario intervenire subito per evitare il cedimento strutturale. La pietra con la quale la loggia fu edificata nel 1267 è in friabile peperino locale; bisogna quindi restaurare e consolidare colonne e capitelli che sorreggono le sottili monofore gotiche intrecciate della loggia. La loro estrema fragilità aveva ne aveva già provocato un crollo parziale nel 1326.
Sei colonnine vennero sostituite ma allora gli archi gotici furono nascosti perché «riempiti da un muro posticcio». Il ripristino della loro elegante apertura era avvenuto soltanto nel 1903: furono riscoperti ma rinforzati con una lunga trave in cemento armato lunga 12 metri, nascosta alla sommità, appoggiata ai pilastri laterali. Poi altri tre restauri «leggeri» nel corso del ’900, l’ultimo nel 1984: cerchiatura delle colonnine e stuccature in cemento. I primi dubbi sulla capacità delle colonne e dei capitelli erosi di sorreggere la struttura erano sorti due anni fa.
Il primo settembre 2019 l’allarme per un possibile crollo è venuto dai tecnici della Diocesi di Viterbo. È stato infatti il vescovo Lino Fumagalli a ordinare un’indagine affidata a due esperti (la restauratrice Maria Grazia Chilosi e Maurizio Caperna, docente di restauro alla Sapienza di Roma) e a lanciare un appello: per salvare la loggia, servono con urgenza almeno 400mila euro. Il popolare quotidiano online di Viterbo Tusciaweb ha lanciato l’allarme e guidato una pressante campagna per trovare subito i fondi necessari, sostenuta anche da Claudio Strinati, Vittorio Sgarbi, da politici della zona e dallo stesso ministro Franceschini.
A fine dicembre la Regione Lazio ha raccolto l’appello. L’impegno è di finanziare i lavori in due anni: 200mila euro subito, il resto nel 2021. Intanto il Comune di Viterbo è impegnato a realizzare e finanziare un altro progetto, del tutto diverso: trasferire la «Pietà» e la «Flagellazione», grandi dipinti su tavola di Sebastiano del Piombo del 1516, in un nuovo ambiente creato per loro nelle sale al piano terra, sotto i portici del Palazzo dei Priori, sede del Comune.
Per anni «La Pietà» e «La Flagellazione» di Sebastiano sono rimaste quasi ignorate nel Museo Civico di Viterbo, visitato da pochi e primo di un’adeguata promozione anche se espone importanti reperti etruschi e opere medievali e rinascimentali. Chiuso dopo il crollo di un’ala del museo, è stato restaurato in parte e riaperto nel 2014 con un allestimento parziale e provvisorio, di fatto lasciato alla curiosità di pochi appassionati.
L’interesse su Sebastiano si è ridestato con il successo dell’esposizione della sua «Pietà» in prestito alla National Gallery di Londra per la mostra del 2017 «Michelangelo e Sebastiano», che metteva l’accento sulla stretta collaborazione tra i due pittori amici. Dopo aspre polemiche cittadine, l’attuale Amministrazione comunale di Viterbo ha deciso di separare il destino dei due capolavori di Sebastiano del Piombo da quello del Museo Civico tanto poco visitato per dar loro altrove una visibilità più sicura.
I lavori a Palazzo dei Priori sono ormai alla fine. D’accordo con la Soprintendenza, la sala a lui destinata è in fase di allestimento: stanziati 52mila euro per renderla all’altezza dei preziosi dipinti in arrivo, con una cura particolare alla climatizzazione. Specialmente per la «Pietà» di Sebastiano della quale Vasari ha scritto nelle Vite che «l’invenzione però ed il cartone furono di Michelangelo».
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