Catherine Hickley
Leggi i suoi articoliI musei di tutto il mondo stanno pianificando la restituzione dei bronzi del Benin saccheggiati dagli inglesi più di 120 anni fa. Il loro referente in Nigeria, Phillip Ihenacho, è il direttore del Legacy Restoration Trust (Lrt): «Sono sorpreso di quanto siano disponibili i musei a discutere della restituzione e di quanto sentano che è urgente», afferma.
La Lrt è stata istituita dalla Commissione nazionale per i musei e i monumenti della Nigeria, dal governo dello Stato di Edo (parte dello Stato federale della Nigeria) e dalla corte reale del Benin per pianificare e costruire il Museo Edo di arte dell’Africa occidentale a Benin City. La sua priorità principale, ci dice Ihenacho, è assicurarsi che i tesori perduti da tempo abbiano una casa «degna di mostrare questi oggetti».
Progettato da David Adjaye, il museo ospiterà manufatti del Benin, l’antico regno che le truppe britanniche invasero nel 1897, saccheggiando il Palazzo Reale. I bronzi del Benin razziati (ma il gruppo comprende anche manufatti in avorio e ottone) sono ora distribuiti in almeno 160 musei e istituzioni da Stoccolma a Seattle e fino a Christchurch, in Nuova Zelanda.
A fine aprile il governo tedesco ha detto che sta gettando le basi per una restituzione permanente delle sculture rubate conservate nei musei tedeschi. L’Università di Aberdeen in Scozia si è impegnata a inviare un’opera in Benin e molte altre istituzioni si stanno preparando a seguirne l’esempio. «Siamo stati contattati da molti musei, dice Ihenacho. Abbiamo una forte convinzione che il momento del rientro finalmente si avvicini. Ora la pressione è su di noi, e dobbiamo organizzarci. Il nostro ruolo, adesso, è dimostrare di essere pronti, dopo aver tanto lottato per le restituzioni».
Il nuovo museo sarà situato vicino al Palazzo dell’«oba» (sovrano). Prima che la costruzione possa iniziare, gli archeologi sonderanno il sito in un progetto guidato dalla Lrt, con finanziamenti e competenze di partner internazionali (tra cui il British Museum e il governo tedesco). Ihenacho prevede che il lavoro sul campo inizierà nell’autunno del 2021 e proseguirà fino alla fine del 2022.
La fase successiva è la costruzione di un deposito che a suo dire potrebbe essere completato entro 18 mesi. «Vorremmo essere in grado di accogliere e conservare gli oggetti che saranno poi esposti nel museo senza dover aspettare che l’edificio sia effettivamente completato», dichiara. Pensato come qualcosa di più di un allestimento per i bronzi, il Museo Edo esplorerà anche i collegamenti tra l’antico Regno del Benin e altre culture dell’Africa occidentale, nonché l’arte contemporanea, dice Ihenacho. Osserva che il bronzo è ancora oggi fuso e lavorato nella stessa strada di Benin lungo la quale gli artigiani medievali avevano creato le famose sculture ora esposte in tutto il mondo.
Ihenacho, che ha una formazione nel campo del diritto e della finanza, ritiene che il nuovo museo aprirà nel 2025 e costerà più di 100 milioni di euro. Per questo sta cercando sostenitori nazionali e internazionali: «Non si tratta solo di raccogliere fondi per costruire il museo, ma di garantire che, una volta costruito, abbia risorse adeguate e una qualche forma di dotazione per far fronte ai suoi costi operativi», afferma.
Al momento, Ihenacho è molto impegnato a destreggiarsi tra le richieste dei musei internazionali. «Siamo un’organizzazione giovane e piccola ed è per noi enormemente dispendioso, in termini di tempo, dover affrontare personalmente ogni singolo museo del mondo tra quanti stanno cercando di restituire un oggetto al nostro Paese, spiega. Stiamo quindi cercando modalità per semplificare le comunicazioni e standardizzare i processi».
Il suo auspicio è che Digital Benin, un progetto con sede ad Amburgo e Benin City che sta creando un inventario delle opere saccheggiate, contribuirà a fornire una panoramica dei manufatti in tutto il mondo. Sottolinea che non tutti gli oggetti del Benin nei musei internazionali sono frutto di saccheggio, quindi la ricerca sulla provenienza è un prerequisito fondamentale per determinare quale deve essere restituito.
Ihenacho aggiunge che anche nel caso di oggetti razziati, potrebbero essere possibili accordi in cui la proprietà viene trasferita in Nigeria, ma l’opera d’arte rimane nella sua attuale sede. «Se un oggetto viene visto da un vasto pubblico internazionale e può fungere da ambasciatore della Nigeria, è qualcosa che nel nostro Paese si vorrebbero che continuasse ad avvenire», dice. Si aspetta che i primi bronzi tornino a casa entro quest’anno, ma, sottolinea, «non abbiamo molta fretta di appropriarci di oggetti e riportarli in Nigeria. Il nostro obiettivo ora è l’istituzione che stiamo cercando di creare. Sarà un lungo viaggio».
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