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Alcuni ambienti della Villa dei Mosaici di Negrar

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Alcuni ambienti della Villa dei Mosaici di Negrar

A Negrar tra i mosaici e i vigneti della Valpolicella

Un nuovo contributo del MiC permetterà il restauro, la copertura degli scavi e i percorsi di visita della villa romana tardoantica in provincia di Verona

Camilla Bertoni

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Nel 2022 aveva ricevuto un finanziamento ministeriale di un milione e mezzo, ora l’interesse del MiC per il recupero e la valorizzazione della cosiddetta Villa dei Mosaici di Negrar (Verona) è stato confermato con il conferimento di un nuovo contributo, un milione e 400mila euro da spendersi in questo triennio. Parliamo della villa romana tardoantica, risalente al IV secolo d.C. e frequentata fino all’VIII, parzialmente emersa a fine Ottocento, con il prelievo di una piccola porzione di pavimento musivo conservato al Museo Archeologico al Teatro Romano di Verona, e di nuovo un secolo fa tra i vigneti di una delle campagne più note per la produzione vitivinicola, quella della Valpolicella. La seconda volta fu per volontà allora di una donna, Tina Campanile, la prima iscritta alla Società Archeologica Italiana di Atene (Saia). Ma ciò che fu in quelle occasioni scavato, e poi ricoperto, non era che la minima parte di quello che è emerso a partire dal 2020 per volontà (e testardaggine) di uno dei funzionari della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Verona, Vicenza e Rovigo, Gianni de Zuccato, direttore dello scavo: oggi in pensione, è ancora impegnato nel ruolo di consulente per questo ritrovamento al cui studio partecipa l’Università di Verona con la docente Patrizia Basso. L’allora soprintendente archeologo Vincenzo Tinè, seguito da Fabrizio Magani e ora da Andrea Rosignoli, nel suo attuale ruolo alla dirigenza della Soprintendenza per l’area metropolitana di Venezia e le province di Padova, Belluno e Treviso, continua a essere «responsabile unico del procedimento» e segue il progetto di tutela e valorizzazione di quanto emerso a Negrar in questi anni.

Un complesso che si estende per circa 4mila metri quadrati con un vasto campionario di raffinati pavimenti musivi, terrazzamenti e apparati termali, emerso anche grazie alla generosità dei proprietari dei terreni che hanno creduto in questa scoperta rinunciando alla produzione vitivinicola e finanziando inizialmente lo scavo: l’Azienda agricola Benedetti «la Villa» innanzitutto, con cui è stato stipulato un accordo campione Stato-privati, e, in seguito, la Cantina Franchini.

Particolare dei mosaici della Villa romana di Negrar

Particolare dei mosaici della Villa romana di Negrar

Di recente la villa è stata oggetto di una mattina di studi all’Università di Bari, organizzata da Giuliano Volpe, e precedentemente di un convegno organizzato dall’Università di Verona a dicembre scorso nella sede della Soprintendenza. «La conclusione dell’attività di scavo ha visto il moltiplicarsi di quella relativa agli studi e alle ricerche, spiega de Zuccato, resa possibile dalla destinazione ad hoc di una parte dei fondi ministeriali, oltre ai numerosi studi universitari curricolari (tesi di laurea, di dottorato), alcuni conclusi e altri ancora in corso. Sono stati così realizzati approfondimenti di particolari tematiche archeologiche e scientifiche, presentati nel corso di questi ultimi anni in numerosi convegni e riunioni scientifiche nazionali e internazionali. Fondamentale è l’inquadramento cronologico dell’edificazione della villa dopo la metà del IV secolo d.C., grazie alle analisi al carbonio 14 di alcuni resti organici particolarmente indicativi, così come rilevante è la conferma, grazie alle numerose indagini eseguite sui resti del lastricato in pietra, della produzione vinicola nella parte produttiva della villa, e la ricostruzione della sezione trasversale della decorazione pittorica del soffitto del peristilio orientale». Sono dunque in corso la sistematizzazione e l’interpretazione di tutti i dati archeologici raccolti e delle analisi scientifiche effettuate, che si estendono a numerose discipline e che vedono coinvolte anche le Università di Padova e di Ferrara, nella prospettiva di una pubblicazione entro l’anno, coordinata da Patrizia Basso e da de Zuccato. In gioco è la trasformazione di questo sito archeologico, comunque attualmente visitabile (la gestione è della Società Archeologica Padana che ha realizzato lo scavo), in un sito dotato di tutti i servizi accessori. «I fondi ministeriali precedentemente stanziati, spiega Tinè, sono serviti, oltre che per gli studi, alla messa in sicurezza dello scavo, con terre armate e una copertura provvisoria, ma anche alla progettazione esecutiva del restauro, a cura della Società archeologica di Firenze, sia dei mosaici, giunti in buone condizioni, che delle strutture della casa, rase al suolo. Siamo ora alla fase di assegnazione, tramite bando, della realizzazione del restauro che ci aspettiamo concluso prima di agosto seguito dalla funzionaria veronese Giovanna Battista. Il secondo finanziamento ministeriale servirà dunque per questo intervento, quantificato in circa 500mila euro, ma anche per il progetto di copertura degli scavi e per l’assetto generale del sito, che dovrà essere dotato di percorsi di visita. Un progetto per il quale vorremmo procedere su invito a una rosa selezionata di studi professionali di chiara fama per evitare di stagnare in una tempistica molto lunga. Allo studio è anche una ricostruzione digitale tridimensionale scientificamente corretta a supporto dei visitatori».

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Camilla Bertoni, 01 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

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