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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliLa Villa de Noheda, unanimemente considerata una delle meraviglie della Spagna romana, si potrà visitare dal 20 luglio e per tutto il mese di agosto (temporaneamente, a piccoli gruppi, su prenotazione). Ubicata a Villar de Domingo García (Cuenca), un paesino di 216 abitanti nella Spagna centrale, la grande domus che risale al IV secolo d.C. si trova al centro di una tenuta di 10 ettari. Il pezzo forte è lo straordinario mosaico pavimentale composto da milioni di tessere colorate di una sala di 300 metri quadrati, che insieme alle pitture delle pareti, alle sculture e ad altri elementi decorativi, denotano l’opulenza del loro proprietario.
«Sicuramente era un nobile, forse un lontano parente dell’imperatore Teodosio. Non conosciamo ancora il suo nome, ma alla fine lo scopriremo. Per il momento abbiamo scavato solo il 5% del sito», spiega Miguel Angel Valero, docente di Storia all’Università di Castilla-La Mancha e direttore scientifico degli scavi che hanno portato alla luce trenta tipi di marmo provenienti da diverse parti del mondo. «Abbiamo già ritrovato 550 frammenti di dimensioni considerevoli appartenenti a sculture di marmo importato da Carrara e dall’Oriente, con rappresentazioni riconoscibili di Dionisio, Venere o i Dioscuri, ma la scoperta più emozionante è stata il mosaico», assicura Valero, sottolineando che si tratta del mosaico più grande della Spagna e del più grande dell’Impero tra quelli di tipo figurativo. La sua dimensione è solo paragonabile a quello della famosa Villa del Casale, a Piazza Armerina in provincia di Enna in Sicilia, anche se Noheda lo supera di 20 metri quadrati. Valero lo considera «un unicum per le sue eccezionali dimensioni e lo stato di conservazione».
Il mosaico è composto da un’area centrale, divisa in sei pannelli con scene mitologiche e allegoriche, in cui predominano figure di grandi dimensioni come un’Atena alta più di due metri. Tra le varie scene gli specialisti hanno identificato riferimenti al mito di Ippodamia e Pelope, il giudizio di Paride, a Poseidone e la sua corte marina e al ratto di Elena. Il numero di tessere è incalcolabile. Secondo Valero per dare movimento e ombra alle figure, per una formella di 25x25 centimetri si utilizzarono una media di 1.243 pezzi, alcuni solo di pochi millimetri. In virtù delle differenze stilistiche gli archeologi ritengono che sia stato realizzato da diversi artigiani. Inoltre hanno scoperto che sotto alcune aree si celano disegni differenti. «Come se al proprietario della villa non piacesse il primo risultato e avesse richiesto delle modifiche», spiega Valero indicando il centro dello spazio dove è stata trovata una fontana ornamentale con le canalizzazioni intatte.
La villa romana di Noheda venne scoperta per caso da un contadino nel 1984, ma i primi scavi sono stati realizzati solo nel 2005. Allora la Regione espropriò il podere per 7.500 euro, il prezzo del terreno. Naturalmente il proprietario José Luis Lledó, che aveva proposto di creare una società pubblico-privata per dirigere e finanziare gli scavi, fece ricorso. Nel 2016 una commissione formata da esperti del Patrimonio valutò il sito 6 milioni di euro, ma Lledó, che nel 2007 ha pubblicato il libro «El Mosaico Romano de Noheda», ha chiesto 48,5 milioni.
L’articolo 44 della Legge sul Patrimonio Storico stabilisce che all’autore della scoperta spetti il 50% del valore di ciò che ha trovato, ma questo crea un nuovo contenzioso: la compensazione spetta al proprietario del terreno o al contadino che arando trovò i resti? Tra ricorsi e rinvii a giudizio si attende ancora il verdetto definitivo. Al di là delle vicende giudiziarie, dal 2005 la Regione a più riprese ha annunciato l’apertura al pubblico del sito che finalmente si sarebbe dovuto inaugurare nel 2015. Quest’anno sembra la volta buona.

Uno dei mosaici rinvenuti nel sito di Noheda, che aprirà al pubblico dopo l'estate

La Villa romana de Noheda conerva il più grande mosaico figurativo dell'Impero romano
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