Rocco Moliterni
Leggi i suoi articoliSe non siete mai stati ad Arles dovete andarci non solo e non tanto per la luce della Provenza che ammaliò Van Gogh (c’è anche una fondazione a lui dedicata), ma soprattutto per scoprire una delle ultime creazioni di Frank Gehry, la torre della fondazione Luma al Parc des Ateliers, vasta area dedicata alla ricerca artistica e sociale voluta della mecenate Maja Hoffmann. La torre è alta 56 metri e con il suo mosaico di pannelli di acciaio inossidabile gioca con la luce del luogo, la cattura e la restituisce in modo cangiante. Forse non ha il fascino di altre opere di Gehry come il Guggenheim di Bilbao o la Fondation Vuitton di Parigi, ma si staglia nel paesaggio in modo diverso a seconda delle stagioni e delle varie ore del giorno, e non lascia indifferenti. Come sempre negli edifici firmati dall’architetto americano non conta solo l’esterno ma anche gli spazi interni, con i suoi sette piani per esposizioni e laboratori. C’è anche uno scivolo in metallo per venir giù dai piani alti e far tornare bambini, se lo desiderano, anche i visitatori adulti.
Non potevano ovviamente mancare gli spazi per la ristorazione e io ad Arles per i Rencontres de la photographie in agosto ho scelto di provare il Drum Cafè. Look elegante, luminoso, con tavoli di design contemporaneo, libri alle pareti, materiali ecosostenibili e uno chef, Laurent Blondin, proveniente da una famiglia lionese con un patrimonio culinario ben consolidato: ha lavorato con molti grandi nomi della gastronomia francese. Propone un menu stagionale che in estate prevedeva anche calamari cotti in brodo di pesce di scoglio ripieni di carne e accompagnati da riso rosso della Camargue e finocchi canditi. Amo i calamari e li so anche cucinare ripieni alla pantesca, per cui li ho presi e non sono rimasto deluso. La cottura era perfetta, cosa non facile perché basta un attimo di troppo e il calamaro diventa chewing gum, i sapori erano ben mescolati e valeva tutti i 21 euro del suo prezzo.
In alternativa focaccia con olive, ceviche di magro del Mediterraneo, spalla di agnello delle Alpilles, che sono la catena di colline dietro la Camargue. Da non perdere i fichi di Provenza arrostiti, una vera libidine. Ampia la scelta delle bevande, dai cocktail analcolici e alcolici ai vini della zona (io ho preso un bianco provenzale e non mi sono pentito) e alle birre. E per sgranchirsi le gambe d’obbligo una passeggiata tra le stradine di Arles alla ricerca dei luoghi dove nel 1988 Michel Deville ambientò quel gioiellino di film che si chiamava «La lettrice», con un’incantevole Miou Miou.
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