Gian Enzo Sperone
Leggi i suoi articoliMentre Artissima gli rendeva omaggio con una riedizione del Deposito dell'arte presente, da lui ideato nel 1967-68, il gallerista Gian Enzo Sperone era presente con uno stand solo a Flashback. Una scelta che Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima, seppur sorpresa, ha detto di capire, perché, come ha dichiarato a «La Stampa», Sperone «sta ancora lavorando di fatto sugli Anni Sessanta ed è troppo intelligente per venire qui con opere desuete».
La dichiarazione non è passata inosservata, e le reazioni non si sono fatte attendere. Quel «desuete» si è trasformato pressoché in tempo reale in un hashtag, #siamotuttidesueti, stampato su magliette indossate dai galleristi partecipanti a Flashback. Ora a bocce ferme, Sperone ci manda una sua «noterella» a margine dell'episodio che ha animato, semmai ce ne fosse stato bisogno, la settimana dell'arte torinese.
«L’arte contemporanea, destinata dal proliferare di agenti del marketing e della comunicazione violenti e narcisi, non ha molte scelte e dovrà nutrirsi dei suoi figli: o fai parte del coro che si rinnova continuamente e batti le mani sino a spellartele, o vieni catturato ed espulso. C’è una frenesia sospetta e uno zelo militaresco che non tollerano dissensi anche di fronte a banalità eccelse. Pazienza, mi toccherà tornare a scuola a studiare l’arte contemporanea di tutti i tempi, da Roma antica ad oggi (lavoretto da poco). Non ha già l’arte per caso, trovato sulla sua strada i problemi dell’influenza e delle derivazioni, insieme alla valanga di sbarchi di sempre nuovi artisti, anzi nuovissimi, vogliosi di ingigantire il cicaleccio? Se fondassimo un partito dei desueti, raggiungeremmo la quota del 3%?».
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