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Francesco Bandarin
Leggi i suoi articoliNel 1526, Babur (1483-1530), sovrano di Kabul in Afghanistan, discendente di Tamerlano e di Gengis Khan, invase l’India del Nord e, vincitore in due grandi battaglie, quella di Panipat contro il sultano di Delhi, Ibrahim Lodi (1480-1526) e, l’anno successivo, quella di Khanwa contro i Rajput guidati dal re di Mewar, Rana Sanga (1482-1528), fondò l’Impero Moghul, esteso, sotto il dominio di suo nipote Akbar (1542-1605), in quasi tutto il subcontinente indiano, e destinato a durare per oltre tre secoli fino alla colonizzazione dell’India da parte degli inglesi nel XIX secolo. La corte dei Moghul, basata a Delhi e ad Agra, attirò molti architetti, artisti e poeti e divenne il più importante centro delle arti e delle lettere dell’epoca, come testimoniato ancora oggi dall’eccezionale qualità del patrimonio architettonico e artistico. Nel 1571, dopo la conquista della fortezza strategica di Chittor, che gli aprì la strada per la conquista del Gujarat, Akbar decise di costruire una nuova capitale dell’impero, a 35 chilometri da Agra, in un sito dove già l’imperatore Babur aveva soggiornato e fatto costruire dei giardini, chiamandola Fatehpur Sikri, la Città della Vittoria. In questo sito esisteva anche la Khanqah (luogo di preghiera e di insegnamento) del predicatore sufi Sheikh Salim Chishti (1478-1572), di cui Akbar era seguace, e qui era anche nato suo figlio e successore Jahangir (1569-1627). La funzione principale della nuova capitale era quella di offrire all’imperatore e alla sua corte un luogo di soggiorno lussuoso e piacevole.

Il Diwan-i Khas è un edificio a pianta quadrata con quattro «chhatri» ai lati
La città, costruita su uno sperone roccioso con una pianta rettangolare di tre chilometri di lunghezza e uno di larghezza, è divisa in due parti da un asse centrale ed è circondata da mura di sei chilometri di lunghezza su tre lati, mentre il quarto si affaccia su un lago. L’architettura della città è ispirata allo stile timuride, anche se con molte influenze indiane, ed è quasi interamente costruita con pietra calcarea rossa. Dotata di nove grandi porte, contiene gli importanti palazzi d’inverno e d’estate dell’imperatore e della sua corte, le sale delle udienze, una grande moschea, oltre alla tomba di Salim Chishti. Questa splendida città reale non ebbe grande fortuna, poiché Akbar la lasciò solo pochi anni dopo, nel 1585, quando avviò la conquista del Punjab, e la abbandonò completamente dopo il 1601. Le ragioni di questa rapida decadenza sono state attribuite a difficoltà di approvvigionamento d’acqua, anche se altri pensano che fosse dipesa da una caduta di interesse da parte dell’imperatore stesso. Dopo l’abbandono, la città venne utilizzata occasionalmente dal figlio di Akbar, l’imperatore Jahangir, che promosse anche alcuni lavori di restauro, ma con il successivo declino dell’Impero Moghul essa andò gradualmente in rovina, fino all’arrivo degli inglesi, che nel 1803 stabilirono qui un centro militare e amministrativo.

Un ritratto dell’imperatore Akbar (particolare)
Nel 1815 uno dei primi governatori inglesi dell’India, Lord Rawdon, marchese di Hastings (1754-1826), avviò importanti lavori di restauro della città. I monumenti più importanti si trovano a nord dell’asse centrale, attorno al complesso dei palazzi imperiali, tra cui spicca il Panch Mahal, un edificio di cinque piani sostenuto da ben 176 colonne istoriate, e sormontato da un «chhatri» (padiglione sormontato da una cupola), probabilmente utilizzato dalle donne della corte imperiale. Il Jodha Bai Mahal, palazzo della consorte favorita di Akbar (e madre di Jahangir) Mariam-uz-Zamani, collegato internamente con il palazzo dell’imperatore, è caratterizzato da una tipologia a corte di ispirazione Rajput, e ha all’interno anche un tempio induista. Gli edifici dedicati alle udienze sono due: uno per le udienze pubbliche, il Diwan-i-Aam, un padiglione rettangolare posto davanti a un vasto spazio pubblico, e uno per le udienze private, il Diwan-i Khas, un edificio a pianta quadrata con quattro «chhatri» ai lati, al cui interno è una piattaforma circolare sostenuta da una grande colonna, collegata ai quattro angoli dell’edificio con passerelle in pietra, che serviva ad Akbar per i suoi incontri politici privati.

L’Hiran Minar è un singolare minareto, detto anche Torre dell’Elefante
Il Buland Darwaza è la porta meridionale della città e con i suoi 54 metri di altezza è considerata la più alta del mondo. Ha una pianta semiottagonale, con archi monumentali e un arco centrale, il tutto posto su una grande piattaforma circondata da una scalinata di 42 gradini. La Jama Masjid (Moschea del venerdì), uno dei primi edifici realizzati nella città, è costruita sul modello delle moschee indiane con gli «iwans» (ambienti sormontati da un arco) disposti attorno a una corte centrale, e una serie di «mirhab», di cui quello centrale coperto da una cupola. All’interno del cortile della moschea vi è la Tomba di Salim Chishti, una struttura a un piano formata dalla camera sepolcrale del santo circondata da un deambulatorio coperto. Completa questo straordinario complesso di monumenti un singolare minareto, il Hiran Minar detto anche Torre dell’Elefante, una torre circolare avvolta da blocchi di pietra protrudenti a forma di zanna di elefante. Oggi la città, iscritta nella Lista del Patrimonio mondiale nel 1983, è stata in gran parte restaurata ed è diventata un’importante meta turistica.
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