Guglielmo Gigliotti
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Il due dicembre si inaugura alla Gnam la mostra «Il tempo del Futurismo», a cura di Gabriele Simongini: 350 opere d’arte e d’arredo che racconteranno il più grande, longevo e influente movimento d’avanguardia italiano.
Con la direttrice del museo, Renata Cristina Mazzantini, parliamo di che cosa si vedrà in mostra, demandando ad altri interlocutori istituzionali i quesiti sull’azzeramento dell’operato del comitato scientifico e del cocuratore Alberto Dambruoso, di cui si è occupata la stampa e un’interrogazione parlamentare.
Dal silenzio stampa imposto da Sangiuliano sulla mostra da lui tanto desiderata, state finalmente sollevando i veli di mistero. Che cosa vedremo?
Innanzi tutto chiariamo i numeri: gli oggetti in mostra sono 500, di cui 350 opere d’arte. I temi che scandiscono il percorso espositivo sono molteplici: «Prima del Futurismo», «Futurismo analitico e Dinamismo plastico», «Ricostruzione futurista dell’universo», «Arte meccanica», «Aeropittura», «Idealismo cosmico», «Eredità del Futurismo». Ci saranno anche due sale tematiche per il cinema e l’architettura, una sala dedicata a Guglielmo Marconi e due installazioni contemporanee. Il discorso narrativo è poliedrico e multidisciplinare: dalla sala introduttiva, che mostra con il Divisionismo l’Autoritratto di Boccioni del 1905 proveniente dal Metropolitan di New York, si entra nel vivo della mostra con lo straordinario confronto fra i due capolavori assoluti: «Il Sole» di Pellizza da Volpedo e la «Lampada ad arco» di Balla, eccezionalmente prestato (insieme a «Sobbalzi di carrozza» di Carrà) dal MoMA di New York. Così si inizia a conoscere il Futurismo. Di qui, a poco a poco si avvicendano tanti capolavori: «Idolo moderno» di Boccioni e «Le Boulevard» di Severini, concesso dalla Estorick Collection di Londra, «La rivolta» di Russolo dal Kunstmuseum Den Haag de L’Aia, il trittico degli «Stati d’animo» di Boccioni e «Bambina che corre sul balcone» di Balla dal Museo del Novecento di Milano, «Notturno» di Boccioni dalla Gam di Torino, «Velocità astratta+rumore» di Balla dalla Collezione Guggenheim di Venezia, «Danseuse articulée» di Severini dalla Fondazione Magnani Rocca, oltre naturalmente ai capolavori della Gnam. Per descrivere l’atmosfera che permeava quell’epoca, sarà eccezionalmente esposto il «Nudo che scende le scale n. 1» (1911) di Duchamp, giunto dal Philadelphia Museum of Art. Per raccontare la «Ricostruzione futurista dell’universo», arriveranno le opere di Depero «Architettura sintetica di un uomo» del Mart di Rovereto e «Bambola blu» da Lugano. Inutile proseguire, non vorrei rovinare la sorpresa!
Nodo tematico della mostra è il rapporto arte e scienza/tecnologia. Compresa una macchina per i raggi X?
Esporremo anche un intensimetro per raggi x con batteria perché, citando il curatore Simongini: «Non dobbiamo dimenticare il profondo interesse dei futuristi per i raggi x che permettevano di oltrepassare quella che loro chiamavano l’opacità dei corpi. La mostra metterà in rapporto le opere con oggetti e strumenti scientifici d’epoca provenienti dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano, ma anche con i fondamentali mezzi di locomozione che hanno modificato profondamente i concetti di velocità, di spazio, di distanza e di sensibilità percettiva con mutamenti antropologici che non avevano precedenti in nessuna altra epoca».
La mostra indaga anche l’eredità del Futurismo. Quale?
Racconteremo l’influenza del Futurismo dal secondo immediato dopoguerra fino all’Arte Povera e alla Poesia visiva. Qualche nome: Burri, Fontana, Dorazio, Vedova, Turcato, il Living Theatre, Julio Le Parc, Alberto Biasi, Pino Pascali, Mario Schifano.
Che tipo di allestimento avete scelto?
Arioso, suggestivo: gioca sui riflessi e le illusioni provocate dagli specchi. Le opere d’arte saranno presentate accanto agli oggetti e ai libri, evitando divisioni tipologiche, per stupire il visitatore con confronti inediti.
Federico Palmaroli, autore satirico della «Più belle frasi di Osho», curerà un programma di conversazione: trova radical chic storcere il naso?
Un po’. Era importante dare anche un taglio «pop» alla mostra per portare tanti giovani nel museo. Coinvolgere chi, come Osho, appassionato e buon conoscitore del movimento futurista, ha guizzi comunicativi e padroneggia il linguaggio dei social è funzionale a questo obiettivo. Palmaroli ha proposto al comitato organizzatore un programma di iniziative interessanti che animeranno l’esposizione: non si tratta solo di talk, ma anche di performance live che arricchiranno il percorso espositivo rendendolo vivo e multidisciplinare. Inoltre, con l’aiuto dello sponsor, Palmaroli porterà «Il tempo del Futurismo» al di fuori della Gnam, a bordo di un’auto d’epoca nelle più belle piazze della città.
La mostra, avete scritto, «si rivolge a un grande pubblico». Come? Perché non dovrebbe?
Tutte le mostre sperano di attirare un gran numero di visitatori, ma non tutte puntano a coinvolgere diversi target di utenti, inclusi i bambini. Forse proprio per evitare che eventuali radical chic, a cui lei faceva riferimento, possano «storcere il naso». La Gnam esporrà un aereo, due automobili storiche e alcuni burattini d'autore accanto ai capolavori di Balla e Boccioni, con convinzione e senza imbarazzo. Nelle sale, attori e musicisti faranno capolino tra le opere d’arte per illustrare il teatro e la musica del Futurismo. Si illustrerà il rapporto tra scienza, tecnologia e arte descrivendo la società di allora anche attraverso la moda, la pubblicità, la letteratura e persino la cucina. Cercheremo di suscitare interesse anche in coloro che non sono esperti del settore, ma che hanno voglia di conoscere meglio la storia affascinante di un’arte totale, di un movimento di arte e di vita.
Quante opere saranno della collezione permanente della Gnam?
Centodieci circa.
La mostra prevede due installazioni apposite di Magister Art e del pubblicitario Lorenzo Marini: può soddisfare la nostra curiosità, suggerendo di cosa si tratta?
Solo un accenno, per non spoilerare. La prima sarà una installazione multimediale che immergerà il visitatore nei mutamenti percettivi che ebbero luogo a inizio Novecento, mentre l’altra si concentrerà su un alfabeto ispirato fondamentalmente da Casa Balla e dal «paroliberismo».
Questa estate, si è costituito un comitato organizzatore, composto da lei, il direttore generale Musei del Mic Massimo Osanna e dall’allora presidente del MaXXI Alessandro Giuli, che ha preso in pugno la mostra a rischio deriva, determinandone il definitivo assetto e decidendo quali opere di quali artisti sarebbero stati presenti. Da 650 le opere, per motivi di budget, sono scese così a 350. Questo passaggio è parso un esautoramento del curatore Simongini, che ha dichiarato a collezionisti e studiosi di non essere l’autore dei tagli, quindi subendoli. È una lettura giusta?
Proprio no, qui raccontiamo la verità dopo aver letto tante inutili chiacchiere. La mostra non è mai andata alla deriva e nessuno è mai stato esautorato. Al contrario, abbiamo lavorato con Simongini in perfetta armonia. Innanzitutto il comitato organizzatore, di cui fa parte anche Elisabetta Scungio, è stato sempre operativo visto che la Direzione generale Musei ha passato gradualmente «le consegne» della mostra alla Gnam, ed è stato formalizzato nel momento in cui era necessario operare precise scelte di carattere amministrativo. In secondo luogo i tagli sono stati decisi proprio dal curatore Simongini, prediligendo le opere provenienti da collezioni pubbliche per ragioni istituzionali e organizzative. Ricordo, infine, che il curatore ha illustrato proprio al «Giornale dell’Arte» la sua posizione, dichiarando di assumere la paternità del progetto scientifico della mostra, di cui si è sempre dichiarato orgoglioso come curatore. Consiglio di dare meno importanza ai pettegolezzi.
Tra i pettegolezzi malevoli vi è quello che Simongini non abbia neanche potuto decidere gli autori dei testi in catalogo. E che siano pagati solo 300 euro.
Anche questa è una leggenda. Non c’è stato alcun conflitto con Simongini: abbiamo sempre lavorato in team, con il curatore, l’editore e il comitato organizzatore. Gli autori dei testi in catalogo sono stati scelti insieme a Simongini, che ha proposto, fra gli altri, grandi studiosi conosciuti a livello internazionale, come Günther Berghaus e Giovanni Lista, oltre a Ada Masoero, Elena Gigli e Francesco Perfetti, solo per fare alcuni nomi. Non conosco i loro compensi, ma so che gran parte degli autori ha offerto gratuitamente il proprio contributo per il catalogo.
Perché non c’è un comitato scientifico?
Non è mai stata formalizzata la nomina di un comitato scientifico. Tuttavia, molti degli autori dei testi in catalogo hanno collaborato costantemente con il curatore. Inoltre, hanno collaborato attivamente alla realizzazione della mostra, con passione e professionalità, le storiche dell’arte della Gnam, in particolare Giovanna Coltelli. È stato un bel lavoro di squadra!
Si è detto che la mostra di Sangiuliano sul Futurismo volesse apparire anche una rivendicazione culturale della destra. Ma la cosiddetta «egemonia culturale della sinistra», non discende in realtà dal numero più esiguo di intellettuali di destra?
Lavoro nelle istituzioni da oltre vent’anni e non ho mai dovuto prendere posizioni politiche. Ho lavorato con vari Presidenti della Camera dei Deputati, con diversi orientamenti politici, nel pieno rispetto di un rapporto democratico, come è richiesto a chi opera all’interno degli organi costituzionali. L’arte e la creatività sono interessi personali e personalmente sono felice di occuparmi del Futurismo che fu un movimento culturale davvero eccezionale, che ha fatto storia e che, al di là di ogni ideologia o ipotesi di appropriazione politica, può dirsi patrimonio comune di tutti gli italiani.
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