Giorgio Guglielmino
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No, non siamo dentro alla favola di Hans Christian Andersen che ci racconta la storia dell’imperatore vanitoso. Siamo invece nello studio della giovane artista filippino-cinese Winna Go, nata nel 1997, che recentemente ha esposto presso la Galleria Finale di Manila una decina dei suoi grandi quadri a olio, tutti delle stesse dimensioni (182x152 cm), rappresentanti abiti imperiali, andati tutti venduti nel giro di 24 ore (a 7mila dollari l’uno). Al di là dell’evidente maestria pittorica, è interessante notare come Winna Go interpreti questa serie come una sua personale ricerca delle origini cinesi essendo cresciuta in un Paese come le Filippine che guarda alla vasta minoranza cinese con sentimenti misti di ammirazione e sospetto.
Qualche mese fa la Galleria Sprüth Magers a Berlino ha presentato una collettiva di cinque artisti asiatici intitolata «Territory» incentrata proprio sul sentimento di spaesamento e di nostalgia per le origini di coloro che da un Paese asiatico sono costretti per motivi familiari, politici o economici a emigrare non verso l’Europa o gli Stati Uniti (è una nostra deformazione pensare che l’emigrazione abbia solo come destinazione i Paesi occidentali), ma verso un altro Paese asiatico, non così distante geograficamente, non così diverso come usi e costumi, ma molto lontano dal punto di vista culturale. Winna Go cerca una sua maniera per rimanere attaccata alla cultura cinese e lo fa dipingendo quanto di più classico e sontuoso vi sia: gli abiti imperiali che qui appaiono come divinità protettrici. Sono certo che proteggeranno la giovane Winna Go della quale sentiremo molto parlare.
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