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Progetto per la testata di un tavolo di Malosso, Firenze, Gallerie degli Uffizi

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Progetto per la testata di un tavolo di Malosso, Firenze, Gallerie degli Uffizi

Il Malosso riscoperto

Un designer d’immenso successo alla corte Farnese fra secondo Cinquecento e primo Seicento, poi completamente dimenticato benché fosse «degnissimo d’immortale corona di gloria»

Arabella Cifani

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Giovan Battista Trotti detto il Malosso (Cremona, 1556-Parma, 1619) fu uno degli artisti più significativi che operarono tra Lombardia ed Emilia tra fine Cinquecento e Seicento. Ciò non toglie che lo conoscano in pochi. Un artista per specialisti e per amanti di quella pittura delle nebbie difficile da seguire e, a volte, anche da comprendere, tanto è articolata e ricca di riferimenti, che si muove come una grande ondata fra Cremona, Brescia, Mantova, Casalmaggiore, Alessandria, Milano, Lodi, Pavia, Parma e Piacenza, spargendo la sua luce anche in molti borghi più piccoli fra Lombardia ed Emilia.

Ma, a cominciare dal curioso soprannome, Malosso, ci si domanda chi fosse costui. Sembra sia stato Agostino Carracci con cui Trotti aveva lavorato a Parma, a dargli questo strano appellativo: forse era stato un cattivo osso da rodere anche per un pittore come Agostino, forse i due si erano accapigliati. Certo fu un artista di grandissima qualità e una personalità poliedrica, tanto amato e ricercato in vita dai suoi concittadini, dai committenti e numerosi discepoli, quanto poi dimenticato e sottovalutato dalla critica e dalla storia dell’arte che solo recentemente si è messa di nuovo a indagare su di lui.

Giuseppe Cirillo, studioso di valore, specializzato in ricerche sulla pittura fra Parma, Cremona e dintorni, e che da anni distilla studi su Malosso, lo presenta ora in un nuovo libro, molto documentato, e in una veste particolare: quella di architetto, quadraturista, progettista di giardini, apparati effimeri, arredi sacri e profani, decorazioni per banchetti, e altro ancora, alla corte di Ranuccio Farnese a Parma, duca paranoico e spietato, crudele assassino e despota, quanto magnifico mecenate. Cirillo ha compiuto una serrata indagine sulla sua opera grafica, ripercorrendo l’attività dell’artista presso la corte farnesiana. Malosso, uomo dal multiforme ingegno, era in grado di fare e progettare a getto continuo: uno stacanovista che dipingeva, disegnava, inventava qualsiasi cosa a ritmo frenetico. E tutti lo volevano: aveva code di committenti, sia laici sia religiosi, che bramavano avere da lui pale d’altare, ritratti, quadretti da collezione.

Si era formato nella bottega di Bernardino Campi di cui fu alunno prediletto e alla fine anche parente, visto che ne sposò la nipote. Dal Campi ereditò lo studio e molto denaro e così potè entrare a far parte dell’Università dei Pittori Cremonesi. Presto divenne il punto di riferimento locale per pale d’altare di gusto squisito, con sfondi paesaggistici fiammingheggianti di rara bellezza, ma anche per quadri profani commissionati dalle famiglie nobili della bassa padana. Aveva una bottega avviata ed efficiente come un battaglione militare, in grado di uniformarsi e quasi mimetizzarsi con il suo stile. La sua fama lo portò a lavorare a Parma per i Farnese, dove fu nominato pittore di corte nel 1604. Ranuccio I lo copre di onori e di soldi, lo nomina «cavaliere aurato» e precettore di disegno dello sfortunato figlio Ottavio Farnese, destinato a vita breve e tragica. Nella raffinata corte parmigiana Malosso si allarga e comincia a fare cose diverse dai quadri.

Progetta, con risultati splendidi, mobili, apparati effimeri, paramenti sacri, giardini, fontane, dirige un numeroso gruppo di artisti per la decorazione del Teatro Farnese, disegna mobili bellissimi, modelli per frontespizi da incidere, o per stuccature, quadrature prospettiche e qualsiasi cosa abbia attinenza con la decorazione e l’arredo: un designer ante litteram. Lavora fino allo sfinimento tanto da ammalarsi nel 1618 e dover tornare a Cremona. Il duca però non tollera indugi e lo pretende nuovamente a Parma per le scenografie da usare per l’arrivo a Piacenza del granduca di Toscana Cosimo II. E a Parma, nel 1619, il povero Malosso, venendo meno ai divieti ducali, vola in cielo, accompagnato certo da tutti i santi e gli angeli che aveva dipinto e incorniciato da tutte le decorazioni che aveva creato.

Vespasiano Gonzaga definì l’artista «degnissimo d’immortale corona di gloria» e detto da uno di gusti difficili come lui, mecenate eccelso e costruttore di Sabbioneta, non è complimento da poco.

Il Malosso. Architetto quadraturista allestitore arredatore alla corte di Ranuccio Farnese
di Giuseppe Cirillo, 280 pp., ill. col., Grafiche Step, Parma 2022, € 42

Progetto per la testata di un tavolo di Malosso, Firenze, Gallerie degli Uffizi

La copertina del volume

Arabella Cifani, 10 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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