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L’installazione «To Breathe: AlUla», 2024, di Kimsooja

Foto Lance Gerber. Cortesia di Axel Vervoordt Gallery

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L’installazione «To Breathe: AlUla», 2024, di Kimsooja

Foto Lance Gerber. Cortesia di Axel Vervoordt Gallery

Le questioni climatiche al centro di Desert X

Per la quinta edizione dell’evento nella Coachella Valley, in California, allestiranno le loro opere undici artisti «guidati dall’urgenza di concepire nuovi approcci sostenibili per abitare un mondo sempre più minacciato»

Louane Lallemant

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Per questa quinta edizione di Desert X 2025, in programma dall’8 marzo all’11 maggio, il direttore artistico Neville Wakefield e la cocuratrice Kaitlin Garcia-Maestas hanno selezionato undici artisti internazionali. Le loro opere, installazioni e sculture monumentali saranno distribuite in vari siti della Coachella Valley in California. Jenny Gil, direttrice esecutiva di Desert X, ha dichiarato che la mostra di quest’anno costituirà una «straordinaria costellazione di opere» e che «guidata dall’idea che l’arte abbia il potere di trasformare, guarire e allertare, [offre] nuove percezioni e speranze, e punti di vista alternativi su questioni cruciali che riguardano le nostre comunità e l’ambiente». Le opere esposte quest’anno mettono in discussione il nostro rapporto con l’ambiente e le questioni climatiche, giocando con la natura e i paesaggi in cui sono ambientate.


Un tema molto in sintonia, purtroppo, con l’attualità: nelle ultime settimane la California è stata colpita da una serie di incendi distruttivi, con interi distretti devastati. Neville Wakefield afferma giustamente che il lavoro di ciascuno degli artisti invitati è permeato dall’«urgenza di concepire nuovi approcci sostenibili per abitare un mondo sempre più minacciato».
 

Sanford Biggers, artista californiano residente a New York, esporrà «Unsui (Mirror)», due imponenti sculture di paillette; il messicano Jose Dávila presenterà «The act of being together»; Agnes Denes, ungherese residente a New York, presterà a Desert X la sua scultura monumentale «The Living Pyramid». Più avanti, «G.H.O.S.T. Ride», un’opera nomade immaginata dall'artista nativa americana Cannupa Hanska Luger, attraverserà le varie sedi dell'evento; con «Five things you can't wear on TV», Raphael Hefti (Zurigo) si interrogherà sulla poesia dei fenomeni climatici; Kimsooja (Corea e Parigi) dialogherà con il deserto con «To Breathe-Coachella Valley».
 

Kapwani Kiwanga, canadese con base a Parigi, ha progettato «Plotting Rest», che imita una struttura suburbana, mentre Sarah Meyohas (New York) giocherà con la luce con «Truth Arrives in Slanted Beams». Ronald Rael, con sede a Berkeley negli Stati Uniti, parlerà di alloggi e crisi climatica in «Adobe Oasis». «Soul Service Station» di Alison Saar (Los Angeles), realizzata nel 1983, si ispira alle stazioni di servizio americane per parlare dell'anima; e Muhannad Shono, proveniente dall'Arabia Saudita, presenterà «What Remains», interrogandosi sui legami tra identità e paesaggio.
 

 

Louane Lallemant, 03 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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