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Vittorio Bertello
Leggi i suoi articoliDmitrij Rybolovlev, magnate russo della chimica, proprietario della Uralkali, società produttrice di potassio, nonché di due terzi della squadra di calcio del Monaco e collezionista, sta vendendo una serie di opere d’arte a prezzi molto inferiori a quelli a cui le ha acquistate (talvolta a una frazione del prezzo pagato), come hanno riferito tra fine febbraio e inizio marzo due articoli di bloomberg.com.
Le opere provenivano dagli stock che Rybolovlev aveva acquisito a prezzi gonfiati dal mercante svizzero Yves Bouvier, vicenda all’origine di una causa legale tra i due promossa due anni fa, e sono state cedute parte in trattativa privata, parte in vendite all’asta; le ultime, nelle aste londinesi di Christie’s di arte impressionista e moderna e di arte contemporanea di febbraio e marzo scorso.
Pare ad esempio che dalla vendita in trattativa privata di «Otahi», un dipinto di Paul Gauguin, il finanziere russo abbia ricavato meno di 50 milioni di dollari, avendo acquistato l’opera a 120 milioni.
Nel novembre 2015 Rybolovlev, stando a fonti informate, ha ceduto a 170 milioni di dollari «Bisce d’acqua II», celebre dipinto di Gustav Klimt che aveva acquistato a 183,8 milioni.
Nel maggio 2016 invece ha venduto all’asta serale Sotheby’s di arte impressionista e moderna la scultura «L’Eternel printemps» di Auguste Rodin a 20,4 milioni di dollari, contro un prezzo pagato di 48,1 milioni.
Infine, nelle ultime aste di Londra, ecco qualche «differenza» tra prezzo che si dice sia stato pagato e risultato in asta (tutti espressi in dollari): «Joueur de flûte et femme nue» (1970), di Picasso, comprato (pare) a 35 milioni e venduto a 5,8; «Te fare (La maison)» (1892) di Gauguin, comprato a 85 milioni e venduto a 25,2; «No. 1» (1949) di Rothko, comprato a 36 milioni e venduto a 13,1; «Le domaine d’Arnheim» (1938) di Magritte, comprato a 43,5 milioni e venduto a 12,7.
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