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Marcello Morandini

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Marcello Morandini: «Torno per il mio catalogo»

Un volume per l’opera completa in attesa della Fondazione a Varese la prossima primavera

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

La presentazione, l’11 dicembre, del Catalogo ragionato dell’opera di Marcello Morandini, edito da Skira e Fondazione Marcello Morandini, sarà anche l’occasione per una breve anteprima della sede della Fondazione a Varese, la cui inaugurazione è prevista nella prossima primavera.

Il catalogo, curato da Marco Meneguzzo, è frutto di un lungo lavoro di archiviazione e documentazione di autenticità delle opere compiuto dalla Fondazione stessa, e presenta, articolato per decenni, l’intero corpus dei suoi lavori (grafica, scultura, architettura, design), dagli anni della formazione (alla Scuola d’Arte di Brera) agli esordi, nel 1964; dalla partecipazione alla Biennale di Venezia del 1968, poi a documenta 6 di Kassel nel 1977, alle tante prestigiose mostre, soprattutto internazionali, sino ad oggi.

Morandini (nato a Mantova nel 1940 ma vissuto sin da bambino a Varese, con lunghi, e professionalmente assai fortunati, soggiorni in Germania) ha però voluto «dare un po’ di umanità al catalogo» e, oltre ai testi del curatore e di Serge Lemoine, a un’antologia critica e alle immagini delle opere e relative schede, ha voluto documentare anche le amicizie e gli incontri: «È solo una parte della mia storia, però, precisa, perché è mio desiderio completarla con un nuovo progetto editoriale possibilmente entro il prossimo anno». Parliamo con lui degli importanti progetti che ha in corso.

Marcello Morandini, lei è artista, grafico, designer, architetto. Nel Catalogo ragionato ha documentato tutti questi linguaggi?

Sì, ci sono tutti, perché occupandomi io di forme (sempre e solo geometriche), sono passato dalla forma grafica alla forma artistica, poi alla forma d’uso, cioè il design, e di qui alla forma dell’abitare: l’architettura. Nel Catalogo ragionato ho privilegiato le opere d’arte, come si conviene in una pubblicazione di tale natura, ma si trovano anche alcuni rendering architettonici che derivano da sculture.

In quale di questi ambiti si riconosce di più?

La base è la ricerca artistica che poi però, ribadisco, mi porta all’architettura e alle forme dell’uso. Tuttavia, i miei progetti di design sono svincolati dalla produzione industriale perché preferisco avere il piacere di progettare forme inedite e funzionali e di utilizzarle personalmente, producendole, per chi lo desideri, solo in piccole serie.

Dopo il Catalogo, la attende l’inaugurazione della sua Fondazionemuseo, in una villa a Varese. Come avete proceduto nel recupero dell’edificio Liberty?

Con l’architetto Corrado Tagliabue, di Cantù, che ha grande esperienza in questo campo, siamo intervenuti con il massimo rispetto. La villa, del 1906, ha quattro piani, ognuno di 120 metri quadrati, e 4mila metri quadrati di spazi esterni. Nel seminterrato si terranno le mostre temporanee (3-4 l’anno), che saranno organizzate con grandi musei internazionali, tutti attivi nell’ambito dell’Arte concreta, costruttiva o programmata, com’è definita in Italia, e curate dai loro direttori o curatori. Il primo e il secondo piano saranno destinati solo al mio lavoro, e il quarto ospiterà l’archivio e una piccola foresteria, cui si aggiungerà un’altra, in un edificio contiguo, destinata anche a residenza per gli artisti.

I finanziamenti sono pubblici?

No, solo privati. I finanziamenti di due miei collezionisti americani ci hanno permesso di acquistare la villa e il terreno. Altri privati si sono poi aggiunti nell’acquistare mie opere progettate per questo scopo. Anch’io, naturalmente, ho contribuito.

Lei si allontanò dall’Italia dopo la Biennale del 1968, dove era il più giovane tra i 22 artisti italiani invitati e uno dei pochissimi che non aderirono alle contestazioni dei manifestanti. Il che le costò l’ostracismo del sistema italiano dell’arte e la indusse a trasferirsi in Germania. Tanto che lei è molto più conosciuto all’estero che in Italia. La Fondazione è una rivincita?

È una rivincita professionale e morale. Ho sempre vissuto nel rispetto di tutti e detesto ogni forma di protesta «rumorosa»: nel 1968 decisi perciò di andar via dall’Italia, perché non esisteva più un giusto e normale rapporto. Sarebbe stato assurdo rimanere qui, mentre in Germania trovai un ambiente civilissimo e un’accoglienza personale e professionale generosa.

Marcello Morandini. Catalogo ragionato, a cura di Marco Meneguzzo, it/ingl., 536 pp., ill., Skira Fondazione Marcello Morandini, Milano 2019, € 150,00

Marcello Morandini

Ada Masoero, 10 dicembre 2019 | © Riproduzione riservata

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