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Arianna Antoniutti
Leggi i suoi articoliIl verde del serpentino, le sfumature violacee del pavonazzetto, il glorioso rosso del porfido sono alcuni dei colori di cui Roma antica rifulgeva. Grazie all’allestimento «I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini», ospitato in due sale di Palazzo Clementino, sarà possibile non solo ammirare frammenti policromi di marmi di età imperiale, ma anche capire la storia che essi compendiano.
La Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli ha concesso ai Musei Capitolini, in comodato gratuito decennale, una selezione di 82 marmi policromi, perlopiù frammenti di strutture architettoniche, allestiti sulle quattro pareti della prima sala. Suddivisi non per tipologia formale, ma in base alla provenienza geografica, i pezzi sono disposti su griglie metalliche che richiamano la catalogazione di pietre e minerali. La seconda sala, dalla funzione didattica, accoglie un campionario ottocentesco di marmi, sempre dalla collezione Santarelli, composto da due armadi espositori contenenti 442 esemplari.
Accanto ad esso figurano un campionario dalle collezioni capitoline, alcuni strumenti per la lavorazione del marmo, dalla raccolta di Enrico e Sandro Fiorentini, e una postazione video per il documentario sul tema dell’esposizione realizzato da Adriano Aymonino e Silvia Davoli. Nella stessa sala è l’unica opera d’arte in mostra: una testa di Dioniso del II secolo d.C. montata su busto femminile, non pertinente, in porfido rosso d’Egitto. Si tratta di una creazione seicentesca in cui sono utilizzati ben otto diversi marmi, una tipologia molto rara e di magnifica fattura.
La cura del progetto è di Vittoria Bonifati, curatore scientifico ne è Andrea G. De Marchi, mentre l’allestimento è firmato da Cookies (Alice Grégoire, Clément Périssé, Federico Martelli). Il catalogo, edito da Treccani, ospita contributi di Paola Santarelli, Andrea G. De Marchi, Eugenio La Rocca, Alessandro Viscogliosi, Sandro Fiorentini e Vittoria Bonifati.
Ed è proprio Vittoria Bonifati a illustrare le finalità dell’operazione culturale, che giunge al termine del comodato, sempre gratuito e decennale, concesso nel 2012 ai Capitolini, della collezione di glittica Santarelli, circa 600 opere che spaziavano nell’arco di cinque millenni: «La città di Roma è un archivio a cielo aperto. Nei suoi musei sono presenti moltissimi straordinari marmi, ma non esiste un museo dedicato alla storia che il materiale in sé trasmette: storia politica, sociale, economica. Ci piace immaginare questo allestimento come la visione di un’architettura non più esistente, fatta di frammenti di colonne, di porte, di pavimenti, di vasche: una città splendente di colori, dai marmi lucidati con piombo e cere che riflettevano la luce del sole. Con Andrea De Marchi abbiamo effettuato una selezione della collezione Santarelli, innanzitutto degli oggetti in stato di frammenti, che non fossero stati rilavorati, e successivamente delle tipologie di marmo più significative per qualità e diffusione. L’allestimento, volutamente essenziale e non classico, sottolinea l’attenzione che la Fondazione Santarelli, dal 2018, riserva all’arte contemporanea attraverso i progetti di Villa Lontana. All’aspetto didattico, infine, è dedicata particolare cura: un museo svolge un preciso ruolo sociale rispetto a una fondazione privata, o a uno spazio indipendente. Abbiamo voluto offrire profondità di ricerca rendendola accessibile a tutti».
Della stessa opinione è Paola Santarelli, presidente della Fondazione che porta il nome dei suoi genitori: «La sala didattica è parte essenziale del percorso espositivo, perché vedere senza capire dà un senso di appagamento agli occhi, e probabilmente anche al cuore, ma l’appagamento della conoscenza è di qualità ancora superiore».

La sala dei Musei Capitolini con gli 82 frammenti di marmi policromi della collezione

La sala didattica con i campionari e la testa di Dioniso su busto femminile in porfido rosso d’Egitto
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