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Render del megaprogetto Neom, The Line che prevede una città «verticale» composta da due monoliti, alti 500 metri e lunghi 170 chilometri, ricoperti da pareti specchio che serviranno a produrre energia 100% rinnovabile

© Neom

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Render del megaprogetto Neom, The Line che prevede una città «verticale» composta da due monoliti, alti 500 metri e lunghi 170 chilometri, ricoperti da pareti specchio che serviranno a produrre energia 100% rinnovabile

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Nel deserto un palazzo muraglia alto 500 metri, lungo 170 km

Si chiama Neom la megalopoli futuristica, dal costo di 500 miliardi di dollari e dalle dimensioni gigantesche di una catena montuosa. Utilizzerà energie rinnovabili «a zero emissioni», ma persino i francesi contestano a Edf, partner connazionale, il fatto che il progetto sia disumano e insostenibile

Luana De Micco

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Neom (dal greco «neo», nuovo, a cui è stata aggiunta la «m» di «mustaqbal», futuro in arabo, Ndr) è il nome del controverso progetto di megalopoli futurista che sta nascendo in pieno deserto in Arabia Saudita. 

La futura città, che si sta costruendo a partire da zero nella provincia di Tabuk, al confine con la Giordania, un progetto stimato a 500 miliardi di dollari, è parte del programma saudita Vision 2030 annunciato nel 2016. La strategia del principe ereditario Mohammed bin Salman, che punta anche sullo sviluppo del turismo culturale e di lusso (con l’apertura tra l’altro ai turisti internazionali di siti archeologici come la città oasi di AlUla), è di diversificare l’economia dal petrolio per il Paese del Golfo, che resta comunque al momento il primo esportatore di greggio nel mondo. 

L’Arabia Saudita si è impegnata a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. In quest’ottica, la futura città, puntando esclusivamente sulle energie rinnovabili, dovrà essere a zero emissioni di Co2. Ma Neom suscita lo scetticismo degli ambientalisti e molte Ong accusano l’Arabia Saudita di «greenwashing». Nell’ottobre 2022, quando i Giochi olimpici invernali del 2029 sono stati attributi a un Paese dal clima desertico come l’Arabia Saudita, la Ong Greenpeace condannò la decisione denunciando i danni agli ecosistemi della regione e lo spreco energetico.

In Francia a sollevare un «allarme» al tempo stesso ambientale ed etico sono stati di recente i sindacati di Edf (Électricité de France), il colosso energetico francese, che si appresta a costruire una centrale idroelettrica «verde» in Arabia Saudita, in pieno deserto, per l’alimentazione energetica di Neom. Secondo quanto riportato da una recente inchiesta di Radio France, ingegneri e tecnici dell’azienda hanno infatti chiesto a Edf di ritirarsi dal progetto e denunciano l’impatto ambientale ed etico di Neom: «È paradossale chiedere la sobrietà ai francesi e partecipare a un progetto così delirante all’estero», ha detto all’emittente un ingegnere dell’impresa che ha preferito restare anonimo. 

Edf ha archiviato la denuncia dei sindacati e firmato a inizio anno il contratto con l’Arabia Saudita per l’avvio del progetto detto «Nestor», per la precisione una centrale idroelettrica a pompaggio, come già ne esistono alcune in Francia, che ha la caratteristica di immagazzinare energia in modo sostenibile oltre che di produrla. La costruzione dell’impianto, in una regione arida, implicherà di pompare grandi quantità di acqua dal mare, di desalinizzarla (in uno stabilimento costruito ad hoc sul Mar Rosso) e di trasportarla in condutture per poter alimentare la centrale. In questi anni il progetto Neom è stato definito tanto utopistico quanto megalomane. Sono già partiti i cantieri di The Line, una città «verticale» composta da due monoliti, alti 500 metri e lunghi 170 chilometri, ricoperti da pareti specchio che serviranno a produrre energia 100% rinnovabile. 

Render dell’interno di uno dei due monoliti di The Line. © Neom

Due «muri» immensi, senza che sia mai stato calcolato per esempio l’impatto per gli uccelli migratori. Nel progetto è stato coinvolto anche lo studio di architettura italiano di Massimiliano e Doriana Fuksas. Si sta già costruendo anche la stazione sciistica di Trojena, che accoglierà dunque i Giochi Asiatici invernali del 2029, nella catena montuosa più alta dell’Arabia Saudita, intorno ai 2.000 metri, in una regione soggetta a siccità, dove le nevicate sono poco frequenti e dove si dovrà utilizzare l’energia solare ed eolica per produrre artificialmente la neve. Sul sito devono essere realizzate delle dighe per poter creare dal nulla un lago artificiale d’acqua dolce, nella cui costruzione è stato associato il gruppo italiano di infrastrutture Webuild

Nell’ambito del progetto Neom, si sta completando inoltre la trasformazione dell’isola di Sindalah, nel Mar Rosso, in destinazione ultra lusso con grandi alberghi e persino un campo da golf, in una ragione dove si raggiungono temperature record. «Ovviamente l’Arabia Saudita, come tutti i Paesi, deve decarbonizzarsi, hanno spiegato i sindacati di Edf, e le centrali idroelettriche, in particolare quelle a pompaggio, possono contribuire a questa decarbonizzazione. Ma Neom ci preoccupa perché è un progetto enorme che non porterà benefici alla popolazione saudita, ma servirà ad alimentare il turismo di lusso in mezzo al deserto». Gli ambientalisti ritengono che non sarà possibile compensare il peso ambientale della costruzione della città, che una volta terminata pretende di essere green. Secondo Philip Oldfield, docente alla University of New South Wales di Sidney, il solo fatto di edificare da zero una città destinata ad accogliere in un primo tempo un milione di abitanti (nove milioni a lungo termine), utilizzando materiali «avidi di Co2», implica 1,8 miliardi di tonnellate di emissioni di Co2

Riad, che finanzia il progetto con i soldi delle energie fossili, assicura che il 95% dell’ambiente del Tabuk sarà preservato. Ma molti aspetti, relativi alla gestione delle risorse naturali, all’impatto della costruzione delle nuove infrastrutture e dell’artificializzazione dei terreni sull’equilibrio ecosistemico della regione, restano vaghi, per cui i dubbi sulla reale sostenibilità del progetto permangono. Molte sono le polemiche che investono Neom. Alcune Ong hanno denunciato i soprusi contro le tribù locali, costrette a trasferirsi per poter edificare «The Line», mentre chi rifiuta di cedere le terre rischia la prigione e la condanna a morte. E preoccupano le condizioni di sfruttamento dei lavoratori immigrati su questi immensi cantieri. Nel 2018 l’archistar Norman Foster aveva preso le distanze dal progetto Neom dopo la morte del giornalista dissidente Jamal Khashoggi nel consolato dell’Arabia Saudita di Istanbul, in Turchia. Morte di cui, nel 2021, un rapporto Onu ha attribuito la responsabilità proprio a Mohammed bin Salman. 

Render del lago artificiale progettato per servire i Giochi olimpici invernali del 2029. © Neom

Luana De Micco, 15 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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